Dopo aver divorato i suoi due libri precedenti frutto di due soggiorni prolungati in Kenya e Giappone, ero molto curioso di vedere come Finn se la sarebbe cavata con l’ultrarunning. Immaginavo avesse in mente qualcosa di simile dopo averlo riconosciuto (e molestato) a Col Gallina durante la LUT, e difatti ecco il libro.
Nel libro c’è il suo processo di avvicinamento e scoperta, come sempre condito da interventi di personalità del mondo ultra ed atleti di altissimo livello. Scorre veloce e nelle parole dell’autore è facile identificarsi: sono momenti e situazioni che tutti noi abbiamo vissuto o in cui ci siamo trovati. Le crisi, i momenti di esaltazione, l’attesa, la comunità.
Forse il limite del libro è proprio questo, il fatto che è scritto più per i non addetti ai lavori che per chi quel mondo lo mastica già. E contrariamente ai suoi due lavori precedenti viene a mancare tutto l’aspetto che secondo me Finn è bravissimo a documentare, quello dell’impatto con una cultura completamente diversa. E se posso fare un appunto, tutta questa enfasi per il dolore e la capacità di sopportazione sono una visione un po’restrittiva del mondo corsa/ultra, che rischia di catalogarci sempre e solo come “quelli a cui piace stare male”.
Detto questo, è scritto con il suo solito stile asciutto ma non impersonale e si fa leggere volentieri anche grazie ad una traduzione di qualità e attenta anche ai termini e modi specifici della nostra amata attività. Consigliato, se non altro per viaggiare un po’con la mente verso gare lontane.
Coach D
Finn Adharanand, L’Ascesa degli Ultrarunner, 2020, Piano B edizioni, € 18,00