Spring classic: MAREMONTANA

È primavera! E come ormai da qualche anno a questa parte Maremontana festeggia l’inizio della stagione.

Già, siamo giunti all’undicesima edizione per questa gara che ormai possiamo definire classica nel panorama trail italiano, tanto che quest’anno è stata scelta anche come gara per l’assegnazione del titolo di Campione Italiano di Trail Lungo e come gara di selezione per la nazionale italiana che dovrà difendere i nostri colori al Mondiale di Corsa in Montagna e Trail di Innsbruck in programma il prossimo giugno.

Il podio (pesante) maschile dello scorso anno.

DU ci sarà: saremo presenti il sabato pomeriggio, accampati in qualche angolo dell’expo ad aspettarvi per una chiacchiera, per un saluto o per un ultimo consiglio, e magari domenica in qualche punto strategico del percorso.

Ma veniamo alla gara: il nome dice tutto, dal mare alla montagna. Si apre e si chiude sulla spiaggia di Loano (SV), e nel mezzo tutta la bellezza dell’entroterra ligure e dei monti della West Coast. Se pensate ad una gara “vacanziera”, semplice e scorrevole, ad una gara tranquilla di inizio stagione, beh siete fuori strada. Sappiate che nessuna delle distanze in programma sarà gentile con voi: la Liguria riserva sempre percorsi tecnici ed impegnativi, conditi da salite verticali e picchiate verso il mare.

Parliamo di distanze perché gli organizzatori hanno saputo negli anni ampliare l’offerta per riuscire a coinvolgere sui sentieri il maggior numero di persone: quest’anno gli atleti si cimenteranno su ben 5 percorsi differenti rispettivamente da 8, 14, 25, 45 e 60 km. Ce ne sarà per tutti i gusti, per grandi e piccini: in calendario anche la Kids Beach Trail il sabato mattina e la camminata non competitiva la domenica mattina.

Agevole sentiero ligure

Maremontana non sarà solo corse: la tre giorni sarà fitta di impegni e appuntamenti, di conferenze e di presentazioni di progetti legati anche al territorio ed alla municipalità. Interessantissima la novità del Green Team Vibram con cui si potrà partecipare ad una missione per ripulire un tratto di sentiero immediatamente dopo la gara. E poi assolutamente da non perdere l’expo alla scoperta di prodotti e novità del mercato, che anche quest’anno vanta la presenza e la partecipazione di brand di assoluto livello! Il segretario di Maremontana A.S.D. Antonio Ghilino ci ha raccontato che il loro obiettivo “è quello di puntare maggiormente alla qualità di un evento che abbia si caratteristiche sportive e agonistiche, ma che sappia anche far dialogare le differenti anime della città che ci sostiene da 12 anni”. Al momento gli organizzatori ipotizzano di chiudere intorno agli 800 atleti iscritti alle competizioni competitive, ai quali andranno aggiunti 50 partecipanti al Kids Trail e 150 partecipanti alla camminata di solidarietà.

L’intera manifestazione si svolgerà all’interno del Vibram Maremontana Running Park che è un progetto di outdoor unico nel suo genere in Italia che si sviluppa sul territorio di 15 Comuni del ponente ligure, e che mette a disposizione un gran bel numero di sentieri dedicati al Trail, al Trekking, e all’E-Bike (di seguito il link diretto al loro sito https://www.maremontanarunningpark.com/chi-siamo/ che spiega nel dettaglio il progetto e quanto lavoro ci sia dietro per mettere in piedi un servizio del genere). Tutto è pensato per livelli di difficoltà differenti che possano accompagnare il turista, lo sportivo, il trail runner e l’ultra-trail runner alla scoperta continua del territorio su un tragitto in grado di regalare paesaggi e scorci suggestivi, disponibile 365 giorni l’anno.

Qualche veloce tips sulle tre distanze principali

K60: 61,8 km – 3.640 m D+ – tempo massimo 13.30 h – partenza ore 6.00 – 10 punti di rifornimento – 4 cancelli orari

K45: 44,7 km – 2.650 m D+ – tempo massimo 10.30 h – partenza ore 6.00 – 5 punti di rifornimento – 3 cancelli orari

K25: 22,9 km – 1.384 m D+ – tempo massimo 5.15 h – partenza ore 9.00 – 3 punti di rifornimento – 1 cancello orario

Ritiro pettorali sabato 25 dalle 14.00 alle 19.00 presso lo Spazio Orto Maccagli, passeggiata a mare – corso Roma, Loano (SV).

Materiale Obbligatorio richiesto per le 3 distanze (controlli prima del ritiro pettorale e a campione lungo il percorso)

1. Zaino o marsupio

2. Telo termico

3. Cappello o bandana

4. Giacca antivento

5. Riserva d’acqua o altro liquido, minimo mezzo litro

6. Riserva alimentare (minimo n°1 gel + n°1barretta energetica)

7. Bicchiere o altro contenitore personale adatto all’uso

8. Telefono cellulare

9. Lampada frontale (K60 e K45)

In caso di previsioni meteo particolarmente avverse saranno obbligatori:

Pantaloni o collant da corsa che coprano il ginocchio, giacca tecnica impermeabile adatta a sopportare condizioni di brutto tempo in montagna, guanti.

Facoltativo:

Bastoncini – L’atleta che farà uso dei bastoncini dovrà portarli con sé per tutto il percorso. Nessun volontario o personale di soccorso sarà autorizzato al ritiro/custodia dei bastoncini degli atleti

ATTENZIONE!!! Per chi volesse partecipare al campionato italiano c’è una condizione in più, direttamente dal regolamento FIDAL: gli atleti devono indossare la maglia sociale sia in gara sia durante la cerimonia di premiazione. L’eventuale mancanza della maglia sociale sarà sanzionata nei termini previsti dalla vigente normativa.

Mettetela nella borsa che non si sa mai.

Coach Guglie

Ultrabericus (Strikes Back)

Ultrabericus, / ul.tra.bé.ri.cus / [dal latino Ultra ‘al di là – oltre’ e Bericus, ‘proprio dei Colli Berici’] :

  • nota manifestazione sportiva che raccoglie mammiferi bipedi in cerca di buoni motivi per ricominciare la stagione di Trail con la convinzione di essere più preparati -o quanto meno migliori- dell’anno prima.
  • gara conosciuta per bastonare gli arti inferiori con tipici scaranti, stroxi e rampe attraverso molteplici distanze.
  • festa pagana che suole annunciare la Primavera nel ghetto dell’ Ultrarunning.

Chi ci segue da un po’ lo sa: siamo degli inguaribili romantici, spesso vittime del fascino di cose semplici e istintive come lo sport di qualche anno fa che ci ha fatto scoprire la passione per il lavoro che facciamo tutti i giorni. Da bravi romantici poi, un po’ come degli anziani che sanno trovarsi al bar all’orario giusto e col mazzo da Briscola già mescolato, abbiamo dei leitmotiv che ricerchiamo nel corso dell’anno per riuscire ad orientarci tra pochi, giusti, punti fermi senza rischiare di venir travolti dall’ondata di novità che ogni anno porta gioie e dolori nel nostro panorama. Se seduto a quel tavolo, con la mia bella mano di veneziane, volessi giocarmi una carta sicura per chiudere facilmente lo scambio sull’inizio Stagione 2023, andrei a cercare qualcosa che sappia di tradizione, casa e bei ricordi.

Ultrabericus sarebbe proprio quella carta, un vero Asso: 12 edizioni (con quella ’23) bastano a inquadrarla come Pilastro della comunità del Trail Running italiano, con una nomea affermata e una storia solida. La distanza Integrale di circa 65 km e 2500 metri di sviluppo positivo e negativo per tanti anni è stato il riferimento della corsa su sentiero di inizio stagione, per poi farsi affiancare dalla possibilità di compiere il giro dei Berici assieme ad un/una compag* nella staffetta Twin. Ma l’organizzazione non è mai rimasta per troppo tempo con le mani in tasca: ha cercato di offrire panem et circenses, aumentando l’ingaggio verso gli atleti attraverso la creazione di altre distanze: qualche anno fa è arrivata la velocissima Urban di 21 km e poco più di 700 d+/-, in occasione del decennale ha proposto l’edizione one-shot di 100 km e 4400 d+/-, e quest’anno ha realizzato il sogno di tantissimi neofiti da sempre intimoriti dal motto un passo fuori dall’asfalto, due passi oltre la maratona, proponendo l’inedita distanza Marathon: 43 km e 1500 d+/+.

Perchè continuare a puntare su una gara con questa storicità (che a tanti suonerà come scarsa novità)? Ultrabericus offre a tutti:

  • un ambiente corribile facilmente affrontabile a tanti livelli di preparazione, ci si può arrivare in tanti stati di forma diversi e non è necessario che questa sia una gara A del vostro calendario: in un attimo la si può trasformare in un bellissimo allenamento di corsa sulla distanza, lavorando da ristoro a ristoro per godersi al meglio l’esperienza nella sua semplicità di muovere un passo avanti all’altro;
  • un contesto di gara old school : un’ottima occasione per lasciare a casa le macchinosità dell’ambiente Ultra e mantenersi a contatto con un evento semplice, curato, autentico;
  • un materiale obbligatorio ridotto all’osso che consente di godersi l’esperienza senza dover ricorrere a zaini enormi o sistemi fantasiosi per portarsi dietro l’impossibile;
  • un comparto organizzativo, di balisaggio e di volontari davvero ottimo: non ci facciamo problemi a presentare UBT come uno degli eventi di Trail meglio gestiti del Paese.

FAQ – Frequently Asked Questions

UBT è una gara difficile? In generale: no, specie in questo senso di percorrenza la difficoltà media dei sentieri è contenuta, a parte qualche passaggio più ‘esposto’ tra Covoli e Falesie. Questa difficoltà medio bassa del playground è tuttavia anche la maggiore causa dei problemi che possono sorgere: un pacing errato è molto facile e ritrovarsi coi crampi al 35° km con un’altra metà di gara davanti è un incubo che può concretizzarsi per tanti.

Il miglior consiglio per il pacing della gara lunga? Prendersi i primi 10-15 km per capire in che genere di giornata vi trovate, senza esagerare. per quanto vi siate preparati a puntino gli imprevisti potrebbero cominciare presto, tardi o non presentarsi mai ma rimangono un’eventualità. Starsene tranquilli fino a dopo Arcugnano e perchè no, fino a San Donato vi consente di rimanere sul pezzo, conservare energie e prendere le misure. Tutto il guadagnato lo potrete incanalare sulla seconda metà.

Scarpe da Trail o da Strada? Annosa questione: una bella scarpa ibrida salva la vita! Se siete in grado di correre per 8-10 ore in scarpe da strada sui sentieri: fatelo, ma occhio a ginocchia e dintorni…se temete il cedimento di suole e supporti delle stradali allora meglio una scarpe da Trail essenziale ma robusta. Diverso discorso per Urban e Twin: in condizioni secche una scarpa da strada vi può bastare. 

Anche in caso di fango?  Considerato che stanno ancora estraendo pezzi di concorrenti rimasti sepolti sotto il fango dell’edizione 2018, in questo caso confermiao caldamente le scarpe da Trail.

Da temere di più le salite o le discese? Quest’anno, probabilmente, col giro antiorario son da temersi soprattutto le discese. In salita, nel male potete camminare e portarle a casa dignitosamente anche a passo svelto, ma camminato. Se vi tassate i quadricipiti tirando troppo le discese, specie quelle corte e nervose della prima sezione fino a Pederiva, allora saranno dolori da lì a qualche decina di minuti.

Ma i bastoncini, li porto? Nonostante il buon local legend Francesco Rigodanza nel 2021 ci abbia dimostrato che si può stampare un 5h39′ muniti di bastoncini, è una strategia che vi consigliamo solo se avete la buona abitudine di macinare km a suon di Kinder Brioches. A parte gli scherzi: il loro uso può essere un aiuto solo se siete pratici e li avete (ri)spolverati durante i vostri ultimi lunghi pre gara (perchè li avete fatti, vero?), o perchè temete di ‘piantarvi’ sugli ultimi dislivelli. Sulla carta, tolta qualche salita mediamente impegnativa per sviluppo rispetto al resto, i dislivelli di UBT non sono così ripidi e lunghi da consigliarne l’utilizzo. Inoltre, anche se dovessimo aprire un’enorme parentesi sulle ricerche dedicate all’ambito, è dimostrato che su dislivelli di media pendenza l’utilizzo dei bastoncini non apporta un sostanziale aiuto in termine di economia di corsa/camminata. Morale: potete tranquillamente camminare tutti i dislivelli con le mani sulle ginocchia e otterrete un ottimo effetto in ogni caso.

Posso farmi seguire sul percorso da un assistente? Certo, l’assistenza personale è consentita in tutti i ristori, non fuori da essi. Se avete un’anima pia che vi segue il giorno della gara allora potete tranquillamente portarvi la nutrizione sufficiente tra un punto ristoro e l’altro senza pensare a dover partire con tutto il carico, ma occhio agli imprevisti!

La birra all’arrivo c’è? Nella più sana tradizione Ultraberica, la birra non manca mai. Menabrea torna sponsor della manifestazione e vi aspetta tutti all’arrivo (forse forse qualche Alpino o qualche volontario sul percorso ne avrà già pronta anche ai Ristori, ma non costringeteci a scrivere una FAQ sulla birra in gara: your pick!)

Percorsi

Integrale – Twin Lui&Lei / 65km 2500d+/-

Il percorso degli anni dispari si è sempre guadagnato la parte del poliziotto buono: viene generalmente chiamato il ‘giro veloce’ perchè le tre ‘lunghe’ salite del giro orario vengono barattate con dislivelli meno estesi, basti pensare che le salite più impegnative sono

  • quella che dagli Zanchi, km 14, sale fin quasi a San Gottardo in 3 km e 250 d+ continuativi
  • quella dopo il ristoro di Pederiva, al km 23, accumula 200 d+ in 1,8 km
  • quella che da Toara sale a Monte Tondo (con intermezzo al ristoro di San Donato) che misura 3 km con uno sviluppo di 250 d+ su rampa erta ed esposta al Sole in larga parte.

A rendere il giro più veloce è anche lo sviluppo a scendere, le discese di

  • San Gottardo – Pederiva al km 20 (3km e 300 d-)
  • Monte Tondo – Scudelletta al km 36,5 (1,5 km e 150 d-)
  • Villabalzana – Lago di Fimon al km 46,5 (2,4 km e 300 d-)

sanno essere scorrevoli per gambe allenate che potranno recuperare minuti preziosi sul resto del ritmo medio, mentre tireranno qualche brutto scherzo a chi ha esagerato sulla gestione del passo e si ritroverà quadricipiti incazzati e delle gambe di marmo fino a Vicenza.

Chiaramente non possiamo ridurre un percorso a delle semplici difficoltà sui sali/scendi, la struttura classica dell’Integrale prevede una veloce uscita da Vicenza nei primi 10 km sub-urbani dove il più grande nemico per gli atleti è la foga generale, e un graduale approccio ai colli mediante sentieri di crescente impegno man mano che si arrampicano sulla Dorsale Ovest dei Berici. Qui il ritmo cauto dei primi 20km viene spezzato dalla prima discesa lunga di giornata, attraverso la Canaletta che scende veloce a Pederiva: qui solitamente qualche caviglia viene lasciata per strada, una volta qualcuno ci ha pure rotto un sandalo (e ha chiamato la fidanzata per farsene portare uno di scorta al ristoro poco distante, madness) ma fatto sta che si sta ancora intruppati a meno che non siate davanti a ritmi poco raccomandabili. Per voi c’è sempre il Santino a fine gita, promesso.

Dopo Pederiva i paesaggi cambiano un po’ (no, non è vero) mentre si sale verso l’area di Pozzolo, e ci si muove tra carrarecce e mulattiere che abbiamo già ribattezzato il Chianti dei Berici; ci avviciniamo gradualmente alla salita più dura di giornata che conduce tra olivari e rampe su sentiero fino all’Eremo di San Donato. Qui si arriva sempre tutti un po’ stanchi: ma se la situazione si fa brutta: un bel respiro, si fa pit stop, si considerano le pillole a disposizione:

  • Pillola Blu: fine della storia, sali sul pulmino della vergogna; domani ti sveglierai nel tuo letto e andrai a correre la StraVicenza 10km col nervoso.
  • Pillola Rossa: resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del Bianconiglio: si va a Vicenza tutto d’un fiato. Domani andrai comunque a correre la StraVicenza 10km ma col sorriso e le gambe piene.
  • Pillola Verde: sei il primo staffettista della Twin e ti puoi sedere DOPO aver dato il cambio al/alla tu* staffettista.

Se hai scelto la pillola giusta, c’è una sola direzione dall’Eremo: salire. Dopo Monte tondo si scende alla Scudelletta e si inizia un’altra sezione molto suggestiva (ho già detto che salire all’Eremo di San Donato è suggestivo in una maniera più…mistica?). Ci si inerpica su per i Covoli della Cengia e ci si spinge in direzione Torretta (ristoro del 45°). Qui attenzione che è dove anni pari e dispari cambiano parecchio, non c’è una seconda salitona a sostituire quella di Pederiva del giro Orario, ma una serie di piccole salite che non risparmiano: se si arriva a San Donato con le gambe buone, si va via dritti, se ci si arriva alla frutta, qui si soffre fino a Villabalzana.

Da lì si plana giù al Lago di Fimon attraverso la Forestale e ad ogni passo ringrazierete di doverla fare in discesa e non in salita come negli anni pari; poi maledirete di essere scesi nel piattume del giro del Lago, perchè per arrivare al ristoro successivo (Arcugnano, km 54) avrete i terribili campi ribattezzati della Ritirata di Russia. Qui c’è poco da fare: (il mio caro Coach direbbe che è quella sezione di gara pensata per fare incazzare, ndr). Si sta zitti e si tira dritto tra campi, argini e altri campi. Pure Bliss. (gira voce di una deviazione da queste parti, ma noi non vi abbiamo detto niente).

Passato l’ultimo ristoro si entra a poco a poco, km dopo km e strappetto dopo strappetto nel giardino di Vicenza, si stringono i denti nelle risalite ad Arcugnano, Villa Margherita e Monte Berico, e in un attimo (si fa per dire) starete già decidendo quanti scalini scendere con ogni passo mentre percorrerete le Scalette verso l’arrivo. Da lì è solo godimento, riempitevi lo sguardo e il cuore ad ogni passo degli ultimi 800m mentre il rumore del Centro si avvicina, e Piazza dei Signori vi accoglie tra le sue Colonne. Congrats, avete Ultrabericus sotto la cintura!

Nota per le Staffette: obbligatorio arrivare per manina! Lasciate a casa il presepe, vi concediamo giusto il cane.

Marathon / 43 km 1500d+/-

Della Marathon spendiamo solo qualche parole per la sezione in cui devia dall’Integrale intorno al km 17 e taglia i colli da Ovest a Est per ricongiungersi alla traccia del giro grande a Villabalzana, circa 9,5 km e 450 d+ dopo.

Di seguito la sezione interessata al microscopio, più avanti l’altimetria generale della Marathon.

Della sezione aggiuntiva della Marathon non c’è molto da dire se non Hail Mary. L’aggiunta pensata da Ultrabericus Team promette scintille per chi fa ritmo aggressivo e proverà inevitabilmente a tirare la discesa da Perarolo, il rilancio di Villa di Fimon, e poi l’unico grosso dislivello evidenziato sotto in blu:

  • dalle Tezze, km 21, al ristoro di Soghe, km 23: 2km e 300 d+ croccanti. .

Non andate all in lì che poi è tutta corribile fino alla fine. E la Forestale spacca-gambe in discesa ve la beccate anche voi!
Sicuramente la distanza Marathon è una piacevole aggiunta: permette davvero a tutti di cimentarsi in un percorso che non richiede troppe ore da passare sulle gambe e offre comunque un’esperienza UBT in grande stile: chissà che qualche bravo stradista non ci tiri giù un bel tempone coi fiocchi, siamo tutti curiosi perchè il percorso si presta!

Un premio speciale per chi salta il ristoro a Soghe e tira un dritto fino a Torri di Arcugnano.

UBT Urban – Nordic / 21km 700 d+/-

La gara veloce e cattiva di casa, ma anche ottima per offrire una prima esperienza di Trail ai neofiti. Ultrabericus Urban nasce dai primi e dagli ultimi km della classica Integrale, connettendo Vicenza ad Arcugnano tramite sentieri e strade ad Ovest della Dorsale Berica e riportando i concorrenti in Piazza dei Signori via i percorsi ad Est sui sentieri di Villa Margherita. Panorami forse meno ricercati, ma per chi sa guardarsi attorno c’è molto da vedere, specie per il patrimonio storico di Palladio & friends. Consigliata a tutti quelli che cercano una gara da batticuore, e per chi vuole guadagnarsi facilmente lo splendido arrivo nel centro storico di Vicenza, e quest’anno anche per il Nordic Walking!

Materiale Obbligatorio

Ad accompagnare le gare Ultrabericus Team c’è sempre un’attenzione maniacale per il materiale obbligatorio, che nel caso di UBT è davvero essenziale: si tratta veramente di 6-7 cose così leggere da essere riposte in un marsupio: e nonostante questo tutti gli anni c’è chi riesce a ‘dimenticare qualcosa a casa’. Non fatelo: portate tutto nel vostro zaino/marsupio e godetevi la giornata.

Ricordiamo che l’assistenza personal è consentita in TUTTI i ristori.

Dal sito dell’organizzazione:

Materiale obbligatorio PER Integrale e secondo staffettista Twin lui & lei:
1 – borraccia o altro contenitore con 0,5 litri d’acqua,
2 – telo termico di sopravvivenza,
3 – fischietto,
4 – giacca antivento,
5 – bicchiere personale (la borraccia se a tappo largo è valida come bicchiere),
6 – lampada frontale funzionante, con batterie cariche,
7 – mascherina protettiva bocca e naso se prescritta dalle normative.

Materiale obbligatorio per primo staffettista Twin lui & lei e MARATHON:
1 – borraccia o altro contenitore con 0,5 litri d’acqua,
2 – telo termico di sopravvivenza,
3 – fischietto,
4 – giacca antivento,
5 – bicchiere personale (la borraccia se a tappo largo è valida come bicchiere),
6 – mascherina protettiva bocca e naso se prescritta dalle normative,
Per il primo staffettista Twin lui & lei e per la Marathon NON è obbligatoria la lampada frontale.

Materiale obbligatorio per Urban:
1 – telo termico di sopravvivenza,
2 – fischietto,
3 – giacca antivento,
4 – bicchiere personale,
5 – mascherina protettiva bocca e naso se prescritta dalle normative,
Per la prova Urban NON sono necessari la borraccia 0,5 l e la lampada frontale.

Orari di partenza:

  • UBT integrale 65km, Twin (1° staffetta) e Marathon 43km: start ore 10:00 AM
  • UBT Urban e Nordic 21km: start ore 11:00 AM

Come da tradizione: orari dei cancelli e di cut-off non ve ne diamo, siamo CERTI che non ce ne sia bisogno.

Per quanto possano sembrare pochi, questi quattro passi sui Berici sanno dare tanto. Have fun out there!

Gradatim Ferociter

Coach T.

Scarpa Spin ST

Lo scorso weekend presso i Winter Outdoor Business Days tenutisi a Ponte di Legno i nostri partner di SCARPA hanno presentato la prima di diverse chicche dedicate al Trail Running del prossimo Autunno-Inverno 2023: la nuova Spin ST.

Foto da merendero in rifugio: sempre sta fatta.

Dopo che Ribelle Run Kalibra G si è conquistata un posto d’onore tra i migliori prodotti invernali del 2022 con la sua innovazione e comodità per lo Snow Running, sul 2023 si torna a lavorare sulla famiglia Spin: la gamma di prodotti che i ragazzi di Asolo dedicano alle calzature 100% performance oriented.

Dopo Spin Infinity per le lunghe giornate su ogni terreno, e Spin 2.0 per le brevi gare a ritmo sfrenato, arriva Spin ST (soft terrain), dedicata ad una vasta gamma di sport dove la trazione su terreni fangosi, bagnati e tecnici è un imperativo.

Marco Degasperi ci spiega che Spin ST è pensata come proposta ibrida anche per sport affini al Trail Running, come le OCR (obstacle course racing tra cui le Spartan Race) e l’orienteering, entrambi caratterizzati da ambienti dove la scelta delle calzature giuste è determinante. Nell’attuale collezione di Scarpa, va sicuramente ad innestarsi come proposta vicina a Spin 2.0 per leggerezza, velocità e precisione nella corsa, ma rispetto alla sorella più conosciuta, ST ha un’anima propria e caratteristiche che la inquadrano come un prodotto a sè stante, pensato precisamente per certe condizioni di utilizzo (per poterla sfruttare al 100%, almeno).

Spin ST si presenta con un assetto aderente al terreno, uno stack dichiarato di 22mm al tallone e 18mm all’avampiede (4mm drop), e un peso in taglia standard 42 attorno ai 260 gr per il maschile e 210gr per la 38 femminile. Il Take con cui viene presentata ST è “The Traction Leader” e il progetto ST vuole combinare un’elevata trazione a grandi leggerezza e traspirabilità per massime performance sui terreni fangosi su qualsiasi pendenza. Tra le caratteristiche più spiccate la reattività e il controllo: la scarpa è davvero dinamica e combina una decente ammortizzazione con un fit notevole che avvolge il piede senza costrizione.

Spin ST si mostra con forme semplici e apparentemente senza notevoli innovazioni rispetto ai prodotti della vecchia guardia delle scarpe per gare veloci e pecorsi corti; poi però presa tra le mani, calzata e spinta in una corsa dinamica, rivela molta più tecnologia di quella che mostra ad una prima occhiata.

La suola è una gioia per gli occhi: mixa tecnologia, design e funzionalità.
La mescola scelta è il famoso Vibram Megagrip con tasselli da 7mm, ma c’è di più: il nuovo design Traction Lug unisce tasselli scolpiti con geometrie in grado di aumentare la superficie frenante e di permettere al fango o ai detriti di staccarsi con facilità, in maniera da non accumulare materiale sotto la zeppa e facilitare la stabilità dell’appoggio a terra. Il Traction Lug lavora attraverso particolari in bassorilievo e la mescola morbida identica su tutta la superficie della suola.

Oltre alla suola, anche la schiuma della zeppa presenta delle novità: è stata migliorata attraverso un processo chimico di iniezione che le garantisce leggerezza e grande capacità ammortizzante in uno spazio compresso. All’interno della schiuma, un inserto in TPU garantisce stabilità ed evita torsioni eccessive mantenendo la scarpa bella aderente al terreno in ogni situazione e pendenza, perchè la potenza non è nulla senza il controllo – cit Pirelli.

Il comparto lacci è l’altro fronte di innovazione cui è stata sottoposta Spin ST: in collaborazione con NBSNew Block System, Scarpa ha implementato un sistema di allacciatura intuitivo, veloce e dall’altissima capacità di tenuta. Una soluzione perfetta per una scarpa performance dove il peso va contenuto e non c’è spazio per i fronzoli: una volta individuata la giusta tensione i lacci vengono bloccati da due passanti a scatto e nascosti nella pratica taschina porta lacci in cima alla linguetta. Un po’ scettitici all’inizio, memori dei primi modelli di allacciatura NBS ingombranti e poco rassicuranti su terreno tecnico, ammettiamo che su questo modello il nuovo sistema calza alla perfezione e ben si sposa con il fit preciso e la destinazione d’uso del prodotto.

In corsa la scarpa è così aderente al piede che sembra un guanto, e un pratico collarino sopra il tallone aiuta a tenere fuori detriti e fango: nell’insieme tutta la costruzione della tomaia ci ha tenuto i piedi caldi e mai bagnati, nonostante non sia garantita alcuna impermeabilità ma solo alta resistenza all’abrasione. Testata su neve fresca prima e poi sul migliore fango dei colli vicentini, Spin ST convince con un grip mostruoso, una flessibilità davvero istintiva e tanta reattività che farà divertire gli amanti dei percorsi all out e, perchè no, cacciatori di segmenti strava e workout-geeks nelle peggiori condizioni meteo-ambientali. E magari potrete consigliarle al vostro compagno di merende che snobba i lunghi Trail ma si diverte in brevi sessioni di Spartan Race e Orienteering.

Non ci resta che aspettarla il prossimo autunno, assieme a molte altre novità che gli amici di Scarpa hanno in serbo per noi sulla stagione Fall Winter 23, restate sintonizzati: ne parleremo presto!

AID STATION FOODIE: Gingerbread Cookies e Golden Milk

Si avvicinano le feste e voglio proporvi una merenda in tema natalizio perfetta dopo i lunghi invernali, quando serve qualcosa di energetico per combattere il freddo.

I Gingerbread sono biscotti secchi speziati che si possono realizzare in tante forme diverse ma c’è una formina speciale che proprio non può mancare: grazie a lei questo biscotto diventa infatti il Gingerbread Man. Si possono preparare in anticipo e conservare per qualche giorno in una scatola di latta o in un barattolo di vetro.

Abbinati poi ad una tazza di Golden Milk, una bevanda a base di latte e curcuma dai molteplici benefici, diventano una combinazione perfetta. Gli zuccheri semplici dei biscotti con le proteine del latte aiutano a ripristinare le scorte glicoliche dopo l’allenamento e la ricostruzione muscolare. Vi sono inoltre i benefici delle spezie, soprattutto la curcuma che è un anti infiammatorio naturale aiutando a lenire i dolori articolari e muscolari e stimolando le difese immunitarie. Per le donne è anche un sollievo dai dolori mestruali grazie alle sue proprietà antispastiche.

Il Golden Milk, se bevuto la sera prima di andare a letto, ha un effetto rilassante e concilia un riposo sereno.

Ingredienti:

350 gr farina 00

2 cucchiaini zenzero in polvere

1 cucchiaino cannella in polvere

1/4 cucchiaino chiodi di garofano in polvere

1/4 cucchiaino noce moscata in polvere

1 pizzico di sale

1 cucchiaino di bicarbonato

120 gr burro ammorbidito

70 gr zucchero di canna

70 gr zucchero bianco

1 uovo

60 gr miele

Procedimento:

In una ciotola setacciate la farina e lo zucchero, aggiungete le spezie, il bicarbonato ed alla fine il burro ammorbidito e tagliato a tocchetti. Aggiungete il miele e mescolate fino ad ottenere un composto sabbioso. Unite anche l’uovo ed impastate bene fino ad ottenere un composto compatto e liscio. Formare un panetto, appiattitelo leggermente e chiudetelo con della pellicola. Lasciarlo riposare in frigorifero per almeno 30 minuti.

Dopo il tempo di riposo, infarinate leggermente il tavolo, stendete l’impasto fino ad una altezza di 5 mm. A questo punto potere ricavare le formine desiderate utilizzando dei taglia biscotti o un semplice bicchiere.
Posizionate i biscotti su una teglia coperta con carta forno.
Cuocete in forno statico a 190°C per 8/10 minuti circa. Il tempo varia in base al forno e alla grandezza dei biscotti.

Golden Milk

Ingredienti:

1 tazza di latte a scelta tra vaccino e vegetale

1 cucchiaino di curcuma

1 pizzico di pepe nero

1 pizzico abbondante di cannella

1 pizzico abbondante di zenzero in polvere (o una fetta di zenzero fresco)

1 cucchiaino di miele (sciroppo di acero o malto per una versione vegana)

Procedimento:

La mia versione rapidissima: amalgamare il miele con le spezie direttamente in una tazza, aggiungere il latte e scaldare nel microonde per un paio di minuti. La bevanda deve risultare calda ma non bollente.
In alternativa versare in un pentolino e riscaldare a fuoco medio mescolando.

C’è chi preferisce preparare la pasta di curcuma in precedenza e conservarla in frigo pronta all’uso.
In questo caso: in un pentolino unite, 40 gr di curcuma in polvere, mezzo cucchiaino di pepe nero, cannella e zenzero a piacere, 100 ml di acqua poco per volta. Mescolate con un cucchiaio fate cuocere a fuoco molto basso per qualche minuto. Trasferite la pasta ottenuta in un barattolo, potrà essere conservata in frigorifero per 3 settimane. A questo punto basterà unire un cucchiaino di questa pasta al latte caldo e dolcificare piacere.

Mari – Aid Station Foodie

Apex 2 e Apex 2 Pro: Coros torna all’apice.

All’indomani del lancio dei nuovi giocattolini di casa Coros, non potevamo non spendere due parole sull’enorme aggiornamento toccato ai più famosi orologi della casa dedicati al Trail Running (e non solo). Enjoy the Gear Geek!

For Training and Trailblazing

– Coros

Quando a Marzo 2022 Kilian Jornet si unì al nutrito gruppo di atleti sponsorizzati da Coros (nell’affermato dream team composto già da Eliud Kipchoge, Molly Seidel e Tommy Caldwell – per citarne alcuni) si infittirono rapidamente i rumors di un prossimo orologio sviluppato assieme allo stesso Catalano. Tanti appassionati e Geeks del settore, soppesando la solida gamma offerta da Coros, immaginavano che sarebbe toccato ad un nuovo Vertix –top di gamma del marchio- pensato per le più difficili condizioni meteo e ambientali, con la sua ghiera robusta e i materiali ricercati adatti all’alpinismo veloce e alle spedizioni, oltre che a sport più popolari.

E invece a pochi mesi arriva la grande news: Apex e Apex Pro rinascono in un full restyle e la collaborazione dietro lo sviluppo arriva proprio dal poliedrico Kilian.


La linea Apex nasce come offerta multi-sport per atleti esigenti in cerca di un prodotto affidabile in molte situazioni, e già nella prima iterazione proponevano i più avanzati materiali e le tecnologie del brand cinese. Nel mentre, con lo sviluppo seguito dal buon Kiki (che ci teneva tanto a stampare qualche bel record sul display LCD dell’orologio, probabilmente), gli ingegneri di Coros hanno spinto ulteriormente i prodotti Apex già ultra-driven e con questo rinnovamento fanno davvero il botto e sistemano quei -pochi- flaws che presentavano.

Apex 2 e Apex 2 Pro ricevono un nuovo sensore HR più accurato e versatile per utilizzi aerobici impegnativi (potete rinfacciarlo al coach quando vi analizza le ripetute su TrainingPeaks e vi dice che ‘Fascia cardio or nothing!’) nonché per curare gli aspetti di monitoraggio dell’HR-Variability (con sensore ElettroCardioGramma in grado di indicare con accuratezza i livelli di stress). Il sensore permette anche di monitorare la concentrazione di ossigeno del sangue e i suoi cambiamenti alle varie altitudini: potete fare i vostri ritiri in altura senza pensieri (ma ricordatevi che sotto le 2 settimane è vacanza, non acclimatamento).

Il nuovo sensore HR guadagna una maggiore superficie di appoggio al polso, garantendo maggiore precisione nei dati e un miglior monitoraggio di sonno e stress.

Viene ridisegnato il design del tasto-rotella, ora più grippante e solido, per essere utilizzato anche coi guanti: sciate sereni, che riuscite a mettere in pausa senza dover smadonnare a toglierli. E se i guanti non li usate e avete le mani libere, al brillante LCD è stato aggiunto pure un fancy touchscreen: veramente ben integrato coi tasti fisici.

Anche le mappe arrivano, con navigazione offline integrata e la possibilità di sistemare checkpoint sul percorso e ricevere una qualità del segnale migliorata grazie al rinnovamento dell’antenna. Per contenere questi aggiornamenti importanti gli orologi vengono dotati di una memoria interna pensata tra le altre cose anche per scaricare musica in formato Mp3, ascoltabile con cuffie wireless tramite bluetooth 5.0: insomma, ci sono tutti i presupposti per portare con noi le nostre playlist preferite mentre sputiamo un polmone in pista, o ci godiamo il panorama da qualche cresta.

Poi, come per la prima serie, il modello 2 Pro risponde ad esigenze ancor più specifiche e sorpassa Apex 2 con qualche miglioria:

  • monta un chip che supporta un sistema GPS a doppia frequenza, che riduce il rimbalzo del segnale tra pareti ripide, canali e canyons.
  • presenta uno schermo LCD più largo.
  • offre una modalità sportiva adatta al climbing multi-pitch.
  • ha una maggiore capacità di memoria (32GB vs 8GB di Apex 2)
  • presenta una migliore risoluzione del display (260x260p)

I due modelli poi si differenziano per la durata della batteria, da sempre grande riferimento per ogni sportwatch:

  • Apex 2 garantisce 45 ore di autonomia a massimo utilizzo GPS, contro le 35 massime del primo Apex.
  • Apex 2 Pro ne garantisce 75 contro le 40 di Apex Pro.

Coros ha poi pensato a tutto: dotando gli orologi di tutti gli accessi ai diversi sistemi di posizionamento GPS permette agli utilizzatori di selezionare una preferenza tra questi sistemi garantendo quindi una tenuta minima standard della durata della batteria al netto della precisione, o una maggiore a scapito della registrazione dati ad ogni secondo: la così detta modalità Ultra Max che raddoppia la vita del vostro orologio.

A livello di materiali lo standard rimane altissimo: dai primi Apex e Apex Pro i nuovi modelli conservano ghiera e cassa in Titanio e un vetro Zaffiro, e di default vengono dotati del comodissimo e altamente personalizzabile cinturino in nylon strap. Il tutto limando sui grammi in maniera davvero apprezzabile per le dimensioni dei due prodotti: Apex 2 pesa soli 42gr mentre Apex 2 Pro arriva appena a 53gr. Leggerezza e potenza di altissimo livello.

Che siate alla ricerca del vostro primo orologio multisport, o in procinto di trovare il nuovo compagno elettronico con cui mappare (qualcuno ha detto lappare?) i vostri progressi, seguire percorsi e mappe, godersi infinite giornate e lunghissime notti correndo, scalando o nuotando, Coros ha reso più smooth e interessante un prodotto già di per sé eccezionale. Ora, perché no, con qualche fronzolo in più ad aumentarne l’appeal che comanda il mercato, al di là della funzionalità.

Coros Apex 2 esce sul mercato a 479,99 €, mentre Apex 2 Pro a 579,99 €. Trovate entrambi a partire da inizio Dicembre sul nuovo sito dei nostri amici di Gravity Distribution (Distributore ufficiale Coros per l’Italia) su www.gravitystore.it .

Kiki e Emily scoprono che oltre a tutto quello di cui sopra, Coros Apex 2 e Apex 2 Pro segnano anche l’ora.

UTMB 2022: uno sguardo ai materiali.

Ritorna a scrivere su queste pagine Andrea Vagliengo, il nostro “geek” dei materiali: una breve analisi di cosa si è visto di nuovo a Chamonix, e quali sono i trend generali, con uno sguardo anche a quello che vedremo il prossimo anno sul mercato.

La “Semana Grande” del trail running mondiale si è chiusa, eppure tutti quanti siamo già qui a pensare a come tornare a Chamonix l’anno prossimo. Con quale veste? Ci metteremo (finalmente) un pettorale, oppure saremo sui sentieri a dare manforte ad atleti e amici lungo il percorso? Comunque la si voglia mettere, una certezza si è radicata saldamente in tutti noi appassionati di corsa e di montagna: nell’ultima settimana di agosto, “Chamonix is the place to be!”, il luogo in cui tutto succede e in cui il tempo corre più veloce delle lancette dell’orologio. Basta leggere i resoconti dei nostri Coach o andare a guardarsi il debrief su YouTube per percepire il lavoro di un anno intero condensato in pochi giorni ad intensità fotonica.

La kermesse di Chamonix è una delle poche occasioni in cui si può vedere tutto il mondo del trail running che conta radunato contemporaneamente in un unico luogo: ci sono gli atleti più forti del mondo, le promesse, gli underdog che stupiranno tutti con una prestazione monstre tirata fuori dal cilindro. Ci sono le migliaia di atleti e appassionati che hanno combattuto per anni con punti e lotterie, e finalmente ce l’hanno fatta ad essere alla partenza. E poi ci sono i brand, le aziende, che approfittano a mani basse di questo palcoscenico internazionale per dare bella mostra di sé e far sentire la loro voce. Sono passate alcune ere geologiche da allora, ma UTMB è stato il trampolino di lancio di prodotti come i primi zaini “vest” o delle prime Sense di Salomon, entrambi comparsi addosso a Kilian sottoforma di prototipi e divenute, di lì a poco, l’oggetto del desiderio degli appassionati di tutto il mondo. Come si è evoluta, oggi, quella scena? Cosa resta di quell’immenso showcase a distanza di qualche settimana dai grandi festeggiamenti di Place de l’Amitié? Vediamolo insieme, provando a fare un’analisi dei materiali che hanno caratterizzato questa edizione dell’UTMB.

Andreas Reiterer in salita verso il Col Ferret

Non solo top di gamma
Partiamo facendo una premessa, che parte dal fronte delle scarpe ma si applica anche ad altri materiali: è una tendenza che ormai è in corso da diverso tempo, ma quest’anno più che mai è apparso evidente come persino nelle primissime posizioni e sui podi delle gare più prestigiose si trovino modelli che non hanno nulla a che vedere coi top di gamma di ispirazione puramente “race”. Troviamo daily trainers come le Trabuco o le Fuji Lite di Asics, modelli da allenamento come le Ultra Glide di Salomon o le Terrex Speed Flow di Adidas: calzature acquistabili facilmente anche negli store della grande distribuzione, scarpe che indossiamo tutti i giorni per allenarci e che tecnicamente magari non hanno nulla di eccezionale ma che funzionano bene e condividono un unico grande comun denominatore: il comfort. Sempre meno ossessione verso la leggerezza assoluta, verso il peso piuma, e più attenzione verso la comodità, vero ingrediente chiave nel campo delle ultradistanze. Questo elemento salta all’occhio, innanzitutto, dando uno sguardo in particolare alle zone alte delle classifiche. Tanta più varietà rispetto a qualche anno fa, più modelli e tutti di tipo molto diverso: c’è il prototipo evolutivo ultra-racing accanto a scarpe di fascia media, ed è una novità che ci piace e nella quale ci riconosciamo.

La grande novità
Quest’anno non si può parlare di UTMB senza citare l’ennesima impresa di Kilian Jornet. Gli anni passano, la vita cambia ma i risultati no, anzi migliorano addirittura: dopo la scoppola presa a Sierre Zinal, i maligni già vedevano il Re in declino nonostante una Hard Rock ai limiti del sublime. E invece Kiki ha pensato bene di gestire il suo UTMB come solo lui sa fare, rimanendo sempre nel gruppo di testa e piazzando la zampata finale appena uscito da Vallorcine. Non è bastato un enorme Blanchard, arrivato in pieno recupero a pochi minuti di distanza dal catalano, a sconfiggerlo: record del percorso e prima volta sotto le 20h, con buona pace di Pau Capell e del suo tentativo di sub-20h, purtroppo fallito.
Stavolta, però, Kilian non indossava abbigliamento Salomon: NNormal, il brand fondato quest’anno in collaborazione con Camper, saliva per la prima volta alla ribalta di Chamonix esibendo gli esemplari di materiale tecnico che verrà presentato a brevissimo al grande pubblico e che era già stato utilizzato da Kilian nelle precedenti gare di quest’anno. Tutta l’attenzione è stata, naturalmente, per la nuovissima scarpa Kjerag, presentata ufficialmente proprio alla kermesse francese: 200 grammi di peso con suola Vibram Litebase e un’intersuola con un’altezza massima di 18 mm e 6 mm di differenziale. Una scarpa ottenuta con un processo di produzione ecosostenibile con l’idea di durare più a lungo possibile (una caratteristica ben nota agli amanti di Camper, l’azienda spagnola scelta da Kilian come partner tecnico per la realizzazione della collezione di calzature NNormal). A giudicare dalle prime impressioni e dal look generale della scarpa, potremmo trovarci di fronte ad un modello di grande successo per il prossimo anno: staremo a vedere, inutile dire che siamo curiosissimi di metterci le mani sopra e provarla sui sentieri.

Marianne Hogan, una delle sorprese di quest’anno

Strapotere massimalista
Avete presente quando guardiamo il top field di una maratona di altissimo livello e gli atleti indossano più o meno tutti le stesse scarpe? Con tre, quattro modelli (e due brand!) copriamo la quasi totalità degli atleti. Se questo non sembra essere il caso per i top runners in partenza a Chamonix, basta dare un’occhiata ai piedi dei midpackers e della stragrande maggioranza degli atleti amatori per vedere come i modelli massimalisti siano diventati un riferimento assoluto nelle gare sulle lunghissime distanze. Parliamo ovviamente di Hoka, che negli ultimi anni ha saputo combinare con sapienza una promozione intelligente a livello di atleti e marketing con una serie di prodotti di qualità sempre crescente. Oggi immaginare una scarpa da trail running che sia al contempo iper-ammortizzata e anche leggera non solo è possibile, ma sembra essere addirittura essere diventata la normalità. E questo lo dobbiamo innanzitutto a Hoka, che con la filosofia del “cushioned and light” ha influenzato positivamente tutto il mercato. Tra tutti, notiamo in particolare come le Speedgoat e le Mafate Speed siano i modelli più utilizzati, e a buon diritto: tanta ammortizzazione, calzate precise e suole Vibram ultraperformanti. Chiedere a Ludo Pommeret per avere una conferma, che taglia il traguardo di Chamonix con ai piedi le sue Speedgoat 5, vincendo la TDS a 47 anni e arrivando ancora abbastanza fresco da festeggiare come un diciottenne. Idolo assoluto.

(Almost) Natural running
Sono passati gli anni d’oro della corrente minimalista, che voleva i top runner con ai piedi scarpette drop-zero e praticamente prive di ammortizzazione, ma per fortuna non tutto è andato perduto della corrente “natural running” che ha caratterizzato i primi 2010s. Drop limitati, se non addirittura nulli, abbinati a geometrie di calzata ampie che fanno lavorare bene il piede e le sue dita, il tutto combinato con intersuole generose e confortevoli: Altra e Topo oggi sono ben presenti sul mercato con una serie di modelli molto interessanti che abbiamo visto ai piedi di parecchi runner in partenza da Chamonix. La “corsa naturale” ha forse smarrito un po’ la sua anima più purista, ma in compenso sembra aver trovato una sua nicchia di mercato.

Merillas e Martinez Perez, doppietta SCARPA all’OCC

E gli altri?
The North Face e Adidas si portano a casa una vagonata di premi. Se guardiamo le scarpe indossate dagli atleti di punta nelle posizioni di classifica che contano, appare evidente come l’investimento di questi due brand sul fronte degli elite si sia rivelato ancora una volta vincente: tanti prototipi, dalle geometrie generose e che richiamano in qualche modo i modelli stradali più veloci, spesso con carbon plate associato. A livello di adozione da parte degli amatori, siamo ancora lontani dai grandi numeri di Hoka e Salomon, ma chissà che non si stiano ponendo i presupposti per l’inizio di una nuova tendenza anche sul fronte degli amatori.
E Salomon? Dopo anni di strapotere assoluto sul fronte delle classifiche, oggi il colosso francese deve condividere il podio con altri brand, ma è sempre lì nelle posizioni che contano. Se sul fronte delle scarpe c’è in effetti più varietà rispetto a qualche anno fa, quando andiamo a vedere gli zaini non ce n’è per nessuno: i modelli vest sono diventati lo standard de facto, al punto che il successo di questo tipo di zaini è stato tale da far sì che anche tutti gli altri marchi del settore si mettessero a produrli. Sul fronte delle calzature, abbiamo visto meno enfasi sui modelli super cool della linea S/Lab e abbiamo invece notato con piacere che modelli come le Ultra Glide (dichiaratamente prodotte pensando al grande pubblico) abbiano conquistato posizioni di prestigio sui podi di TDS (3° uomo) e UTMB (2° donna).
Infine, menzione speciale a SCARPA che si porta a casa, con la sua Ribelle Run, le prime due posizioni della OCC: niente male, per la casa di Asolo! Sarà perché abbiamo l’occhio sensibile per quell’azzurro inconfondibile, ma non abbiamo potuto fare a meno di notare sempre più Spin Infinity ai piedi degli atleti. Il modello da lunghissima distanza di SCARPA ha convinto da subito e si sta affermando come riferimento sui percorsi alpini più impegnativi.

E gli accessori?
Due note conclusive rispetto a due accessori che ci ha fatto piacere individuare in numero crescente sui sentieri dell’UTMB.Il primo sono i bastoncini, che almeno sulle distanze più lunghe, sono oramai utilizzati dal 99,9% degli atleti. Tra i marchi più visti Leki e Black Diamond: i primi li conosciamo e apprezziamo da anni, soprattutto per il sistema di impugnatura “nordic” con guantino integrato che è, a mani basse, il più comodo che ci sia sul mercato. Non stupisce vedere gli inconfondibili bastoncini a sonda della casa austriaca in mano e nelle faretre dei migliori runner del mondo: persino Jim si è messo ad usarli! I secondi sono sempre quelli che vedi più spesso in mano a giapponesi ed americani, e restano una garanzia assoluta di qualità e praticità.
Nel campo smartwatch, è invece impressionante la marcia di Coros che solo da qualche anno si è affacciata sul mondo del trail, prima con l’Apex e l’Apex Pro e poi con il Vertix 2: due sportwatch che hanno convinto da subito per la loro qualità costruttiva e per le funzionalità offerte in termini di software e di integrazione con piattaforme di allenamento come TrainingPeaks. Noi di Destination Unknown li conosciamo bene, usandoli da tempo, e ci ha fatto piacere constatare come si siano diffusi nel mondo degli amatori ma anche dei top runners: quando Kilian ha schiacciato il pulsante di stop e il suo Apex Pro segnava 19:49:30, per noi è l’esaltazione è stata doppia, e Coros era al polso anche del secondo classificato Mathieu Blanchard! In arrivo a fine anno dovrebbe esserci un modello nuovo ispirato proprio da Kilian, siamo curiosi di vedere quali funzionalità integrerà il nuovo modello.

Blanchard ed il suo Coros Apex Pro

Zen Circus – considerazioni sparse su UTMB Chamonix 2022

Da atleta, da allenatore, da giornalista o da semplice appassionato, questo era il mio quattordicesimo UTMB.

Chamonix è sempre stato in questi anni quella settimana folle cerchiata di rosso segnata sul calendario, convenientemente piazzata a scandire la fine dell’estate. Vissuta a volte con palpitazione (specie quando l’ho corso), a volte con emozione (quelli vissuti da allenatore), a volte con curiosità (quelli da giornalista), talvolta con spensieratezza (quelli da turista o le ore rubate al lavoro per uscite semiclandestine di corsa o per i party). Ma mi ha regalato in ogni caso incontri, ricordi, momenti, luoghi che hanno segnato la mia vita.

E’ovvio che, in quindici anni, ho visto UTMB e Chamonix cambiare in maniera radicale. Ma mai come quest’anno, avevo “sentito” il passaggio di un era. Nei prossimi giorni sarà il momento della parte “tecnica”, e sicuramente troverete qui o sulla newsletter approfondimenti ed osservazioni, ma mi faceva piacere aggiungere le mie considerazioni a quelle scambiate con colleghi ed amici o a quelle lette sul web, sul grande circus UTMB.

Discutendo di UTMB con Holly Rush: Simon Freeman perplesso si astiene.
  • Abbiamo il vizio di considerare i francesi boriosi e spesso siamo così provinciali da ripetere sempre gli stessi clichés idioti, ma sfido CHIUNQUE sia stato in questi giorni a Chamonix a negare l’affermazione che UTMB è il “sommet mondiale du trail”. Volente o nolente, è vero. L’hanno forse deciso arbitrariamente, all’inizio, ma le aziende, gli atleti, gli sponsor ed i media, ci hanno creduto ed ora è un dato di fatto.
  • L’hanno raccontata tutti quella del livello, ed è vero, siamo arrivati ad un punto in cui dietro ai top, c’è un esercito di corridori di alto livello che si allenano come matti. Ma prima di partire con i classici “l’anno scorso con XX ero arrivato XX” ricordiamoci (come ha ricordato a me il buon Enrico Deffe) che la scorsa edizione non vedeva al via quasi nessun americano/australiano/neozelandese/thailandese/cinese. Piuttosto, la notizia è che alcune di queste nazioni stanno infilando davvero tanta gente in quella zona appena dietro i top assoluti. Che è emozionante.
  • L’osservazione di Rigo nel suo bel post sulla pagina FB di Spirito Trail che “L’anno scorso per dimenticare emotivamente un morto ci sono volute 27 ore ma si vede che il movimento è cresciuto bene e quest’anno ne sono bastate 2” è incontrovertibile e a modo suo è segnale di quanto siano diventati bravi nella comunicazione. Anche se questa declinazione cinica della parola “comunicazione” mi fa abbastanza schifo.

Non la classica relazione Coach – Atleta. Ma sembra funzionare. Coach Tommy & Francesca Pretto, 9a donna all’UTMB.
  • Non sono invece d’accordo con lui sul fatto che la TDS si sia presa comunque un bel palcoscenico grazie ai suoi vincitori Pommeret e Valmassoi. Forse è stato vero fino a venerdì, poi una CCC vissuta sul filo di lana ed una UTMB che, a parere personale e di qualche altro collega, è stata la più emozionante di sempre, l’hanno un po’cancellata dallo schermo. La TDS aveva onestamente contenuti tecnici inferiori, che non leva niente all’impresa di Ludo, Martina e di chiunque l’abbia fatta e finita, perché è un bel mostro di gara. Verissimo invece che UTMB (inteso come organizzazione) abbia voluto affossarla levandole visibilità, collocandola in una posizione assurda e con uno start ad un ora indegna che ha costretto troppi atleti a due notti fuori. Ma già con l’allungamento ed indurimento l’avevano svuotata di contenuti per farne una sorella macho di UTMB. Poi hanno capito che potevano comunque guadagnare di più facendo gare nuove altrove invece di infilare a forza gare nuove nella settimana di Chamonix ed è diventata una presenza imbarazzante. Io credevo addirittura la spostassero in altra data, invece ne faranno il contentino per chi non ha le Stones. Peccato, le prime edizioni erano state davvero belle gare su un percorso di livello.
  • Non parlo della PTL perché non è il momento e non ho voglia di sentire tutte quelle menate su chi è “montagnard” e chi no.
  • A tutti i cari amici che mi dicevano “te ne vai in vacanza eh, beato te”: le vacanze le vado a fare in un posto che scelgo io, in un momento che scelgo io, e solitamente non comprendono il fatto di dormire male 3 ore a notte, inseguire persone sudate, nervose e distrutte dalla fatica, rispondere a messaggi alle 11 di sera come alle 5 del mattino e fare la coda per comprare due brioches che costano quanto un pranzo in un paese normale. Il mio lavoro non lo cambierei con nessun altro, ma resta un lavoro: puoi anche fare l’assaggiatore di creme alla nocciola o il tester di materassi, ma se lavori 20 ore al giorno weekend incluso, una settimana resta lunga. Got it?

Si, c’è anche da far festa. Ma poca e senza esagerare.
  • Per gli addetti ai lavori era abbastanza palese, ma la presenza di IRONMAN si faceva discretamente sentire. Non vedevi il loro marchio manco per sbaglio, perché probabilmente c’era la paura di “spaventare” un mercato abbastanza tradizionalista e mugugnone, ma nell’impostazione dell’evento, in alcune piccole cose come l’organizzazione dell’Expo, il risalto dato alle categorie di età, non ci voleva molto per notarlo. Prima di tutti, ci sono arrivati alcuni miei atleti anglosassoni che sono migrati alle ultra dal triathlon per sfuggire dalla morsa di IM: non ne erano contenti, ma fortunatamente in questi anni hanno capito che esistono alternative.
  • E questa è forse la lezione più importante che porto a casa: venerdì, in uno di quei momenti di spensieratezza rubati al lavoro, io, Mari e Tommy siamo saliti al Mer de Glace e poi abbiamo corso il Balcon Nord fino alla cabinovia. A metà strada abbiamo passato una coppia ed ho riconosciuto immediatamente Diana e Tim Fitzpatrick. Ora, servirebbe troppo per raccontare di loro e lo lascio a questo bell’articolo di iRunfar, ma Diana è in questo momento la Presidente del Board della Western States 100. Con la solita cordialità americana, quando ci hanno raggiunti mentre io e Mari dividevamo una barretta, hanno attaccato discorso e quando hanno scoperto che avevo corso WS e che conoscevamo tante amicizie comuni, abbiamo passato una mezz’oretta che credo non dimenticherò mai. Per loro era la prima volta ad UTMB e quasi con timore Diana ci ha confidato come la magnitudine dell’organizzazione UTMB l’avesse impressionata, al punto di non sapere come Western States potrà mai avvicinarsi a quello che aveva visto. La mia risposta, e lo penso dal profondo del cuore, è che Western States non dovrà mai cercare di replicare UTMB: Western States non ha nessun bisogno di inseguire nessuno, l’atmosfera, il senso di comunità che ha saputo creare, la sua storia, non hanno niente da invidiare a UTMB. Sono due standard diversi, entrambi di altissimo livello, ma è bello che possano convivere. Assieme ad altri 100 ancora diversi. Vale per le gare grosse, storiche, ma anche per quelle nuove: quando una gara ha un bel percorso, o una storia particolare, o un attenzione speciale per i corridori, quando sa “raccontare” qualcosa ed emozionare, che bisogno c’è di scimmiottare qualcosa che è pressoché unico ed irripetibile?
    L’ho detto tante volte e non mi stancherò di ripeterlo: il nostro mondo è in espansione, ma sarà davvero una crescita se sapremo rendere il nostro sport inclusivo. E allora quale modo migliore se non iniziare a godere della diversità nelle gare che scegliamo?
All work and no play makes Davide a dull boy.
  • Ci sono due motivi principali per cui io, Mari e gli altri allenatori di DU decidiamo ogni anno di spendere un sacco di soldi (Chamonix è diventata inavvicinabile, a proposito) e bruciare una settimana del nostro tempo per essere a UTMB.
    Il primo è stare vicino ai nostri atleti e vivere insieme il culmine di mesi di mail, telefonate, messaggi ed allenamenti: vederli tagliare quel traguardo, è una delle cose più belle che possono capitare ad un allenatore.
    Il secondo è la gente: quella che rivedi dopo un anno, quella che conosci in giro, quella di cui avevi sentito parlare o quella che hai sempre ammirato (come Tim e Diana). Ma non ritorni mai indietro da Chamonix senza qualche nuovo amico e qualche storia in più da raccontare. E questo è uno dei motivi (come dice il buon Simon di LIKE THE WIND) per cui corriamo: la comunità che ci circonda e rinnovare il nostro ruolo in essa.

    Ci vediamo il prossimo anno, maledetta Chamonix.
UTMB: la migliore scusa per rivedere un amico. Il mio pacer di Rio Del Lago 2016, nonché Race Director di Canyons 100, Chaz Sheya.

Ultrabericus Trail

Anche quest’anno Ultrabericus si prepara a dare il via ad uno degli appuntamenti immancabili del nostro panorama gare. Dopo edizioni memorabili per il livello atletico importante culminate con il 2018, dove Vicenza ha ospitato una gara di osservazione e selezione per la squadra Azzurra di Trail Running in vista dei mondiali di Penyagolosa, e un 2019 con tempi da record, gli ultimi anni hanno confermato l’apprezzamento da parte del popolo ‘trailer’ dell’evento e l’organizzazione Ultraberica ha rilanciato sulla fiducia degli appassionati con un’inedita edizione del decennale arricchita con la nuova distanza dei 100km. Di fronte a questa novità, e con diversi dei nostri DU Believers in start line delle diverse distanze, era DOVEROSO parlare di un appuntamento come questo e offrire una comoda guida a Ultrabericus dal punto di vista di Coach Tommaso: fermo amante del percorso, local e partecipante in più edizioni. Enjoy!

Da sempre Araldo della Primavera, Ultrabericus Trail (abbreviatelo UBT e non UTB che noi local altrimenti ci arrabbiamo) spalanca le porte del cambio stagione e prova a ricordarci -timidamente- che è quasi ora di shorts e t-shirt tecniche un po’ più leggere. Giunto all’11esima edizione, UBT è un classico ‘di primavera’ che negli anni è arrivato a portare sui sentieri complessivamente anche più di 2000 persone con le varie distanze proposte dall’evento. Gli speed racers trovano pane per i loro denti sui 22 km dell’ Urban Trail, i curiosi della media distanza possono affrontare la staffetta Twin lui&lei da 30-35km con un cambio di testimone presso l’affascinante Eremo di San Donato, mentre gli atleti alla ricerca di qualche ora in più da passare sui Colli Berici possono scegliere se percorrere il classico Loop dei 65 km -quest’anno in senso orario- o lanciarsi nel giro grando dell’edizione speciale da 100km. Qualsiasi la distanza scelta, quest’anno arrivo e partenza tornano in Piazza dei Signori, nel cuore di Vicenza, rendendo entrambi i momenti davvero memorabili.

Due DU Believers dell’anno scorso, li riconoscete?

Tra i punti forti della gara segnaliamo:

– Una gara di corsa tra le old schoolers d’Italia, dove ti ‘basta correre’ su sentieri di difficoltà contenuta, portare con te quel poco che serve per goderti una bella giornata di corsa, e vivere con paradossale leggerezza un’esperienza *Ultra * definita dall’organizzazione Un passo fuori dall’asfalto, due passi oltre la Maratona.
Un’ottima occasione per lasciare a casa le macchinosità dell’ambiente Ultratrail e mantenersi a contatto con un evento semplice, curato, autentico

– un materiale obbligatorio ridotto all’osso che consente di godersi l’esperienza senza dover ricorrere a zaini enormi, sistemi di trasporto extra o crew con cambi multipli sul percorso (more on this later)

– un comparto organizzativo, di balisaggio e di volontari davvero eccezionale, che raramente ha deluso le aspettative (non ricordiamo veramente un momento in cui l’han fatto, a dirla tutta) rendendo UBT uno degli eventi di Trail meglio gestiti del Paese.

FAQ – Frequently Asked Questions

UBT è una gara difficile? UBT è una gara difficile per chi vuole rendersela tale: la difficoltà media dei sentieri è contenuta, a parte qualche passaggio in discesa ‘esposta’ tra Covoli e Falesie e un paio di salite ‘cancare’. Questa difficoltà medio bassa del playground è tuttavia anche la maggiore causa dei problemi che possono sorgere: un pacing errato è molto facile e ritrovarsi coi crampi al 35° km con un’altra metà di gara davanti è un incubo che può concretizzarsi per tanti. Una gestione conservativa nella prima metà di gara consente ampio margine di lavoro nella seconda: prendete il vostro ritmo, mangiate e bevete bene, correte rilassati senza fare la gara degli altri, e UBT non diventerà una gara difficile.

Il miglior consiglio per il pacing della gara lunga? Prendersi i primi 10-15 km per capire in che genere di giornata vi trovate, senza esagerare. per quanto vi siate preparati a puntino gli imprevisti potrebbero cominciare presto, tardi o non presentarsi mai ma rimangono un’eventualità. Starsene tranquilli fino a dopo Torri di Arcugnano e perchè no, fino a San Donato vi consente di rimanere sul pezzo, conservare energie e prendere le misure. Tutto il guadagnato lo potrete incanalare sulla seconda metà.

Scarpe da Trail o da Strada? Annosa questione: per anni la risposta è stata strada, ma con lo specializzarsi delle calzature pensate per i diversi ambiti del trail running (una volta si considerava una scarpa da Trail un prodotto da montagna poco affine alla corsa in collina) ora è facile trovare una scarpa che ricordi le caratteristiche di una stradale per fluidità e peso, ma che dia maggiore grip, protezione e sostegno per una corsa di molte ore. Questo è l’ago della bilancia della questione: se siete in grado di correre per 8-10 ore (e più per la 100km) in scarpe da strada sui sentieri: fatelo, se temete il cedimento di suole e supporti allora meglio una scarpe da Trail essenziale ma robusta. Diverso discorso per Urban e Twin: in condizioni secche una scarpa da strada vi può bastare. 

Anche in caso di fango? Questa è l’unica casistica in cui consigliamo a tutti una scarpa dotata di un battistrada da off-road. Il fango Berico non perdona.

Da temere di più le salite o le discese? Per la natura nervosa del percorso in diverse sezioni, probabilmente le discese. In salita, nel male potete camminare e portarle a casa dignitosamente anche a passo svelto, ma camminato. Se vi tassate i quadricipiti tirando troppo le discese, allora saranno dolori ad ogni dislivello a scendere. E ce ne sono davvero tanti.

Ma i bastoncini, li porto? Nonostante l’anno scorso un certo Francesco Rigodanza ci abbia dimostrato che sui Berici i bastoncini si possono portare eccome, (e ci si può anche vincere l’Integrale, ndr) il loro uso può essere un aiuto solo se avete l’ossessione di averli sempre appresso, o perchè temete di ‘piantarvi’ sugli ultimi dislivelli. Sulla carta, tolta qualche salita mediamente impegnativa per sviluppo rispetto al resto, i dislivelli di UBT non sono così ripidi e lunghi da giustificare / consigliare il loro utilizzo. Inoltre, anche se dovessimo aprire un’enorme parentesi sulle ricerche dedicate all’ambito, è dimostrato che su dislivelli di media pendenza l’utilizzo dei bastoncini non apporta un sostanziale aiuto in termine di economia di corsa/camminata. Morale: potete tranquillamente camminare tutti i dislivelli con le mani sulle ginocchia e otterrete un ottimo effetto in ogni caso.

Posso farmi seguire sul percorso da un assistente? Certo, l’assistenza personale è consentita in tutti i ristori, non fuori da essi. Se avete un’anima pia che vi segue il giorno della gara allora potete tranquillamente portarvi la nutrizione sufficiente tra un punto ristoro e l’altro senza pensare a dover partire con tutto il carico, ma occhio agli imprevisti!

La birra all’arrivo c’è? Nella più sana tradizione Ultraberica, la birra non manca mai. Menabrea torna sponsor della manifestazione e vi aspetta tutti all’arrivo (forse forse qualche Alpino o qualche volontario sul percorso ne avrà già pronta anche ai Ristori, ma non costringeteci a scrivere una FAQ sulla birra in gara: your pick!)

I Colli Berici tutti d’un fiato.

Percorsi

Integrale – Twin Lui&Lei / 65km 2500d+/-

La vera gara Classica si snoda quest’anno attraverso i Colli Berici in senso orario, da tradizionale anno pari. Da sempre ha avuto la nomea del giro più difficile, per via del Sole che segue lo stesso giro della gara offrendo poco riparo nei giorni caldi, e delle tre salite di maggiore sviluppo rispetto alla sorella del giro antiorario/dispari; non entriamo nel merito, ma possiamo già dirvi che una di queste tre salite (lo strappo maledetto che doveva condurre dall’abitato di Villaga all’Eremo di San Donato -km 33-34 -) è stata rivista e accorciata, dando sicuramente un po’ di respiro in più nella prima metà di percorso.

Il percorso nei primi 16km è una Fuga da Alcatraz col progressivo spostarsi verso il complesso collinare dei Berici. Se non vi farete distrarre dalla tonnara dei primi km dopo la salita iniziale a Monte Berico non vi perderete Ville palladiane, sentieri Urban e i primi strappetti che conducono al ristoro di Torri di Arcugnano e poi alla spina nel fianco della prima salita di giornata: La Forestale del Lago di Fimon.

Prendetela come vi riesce, ascoltatevi: è il vostro lasciapassare per spostarvi nella zona ‘alta’ dei Colli e per non dover pensare più (per 15 km almeno) a dislivelli impegnativi.

Lungo la Dorsale Berica passerete contrade, carrarecce , boschi in fiore, covoli e falesie baciate dal sole. C’è giusto un ristoro intermedio presso Torretta, al 22°. L’incanto viene momentaneamente spezzato dal seghetto di discesa verso Barbarano (km 32-33) e risalita a San Donato, luogo davvero suggestivo con le falesie d’arrampicata che abbracciano l’Eremo e gli staffettisti trepidanti che aspettano il loro compagno della prima metà. Questo passaggio segna generalmente la metà gara: km 35.

Se siete dell’integrale auguratevi di non sentire già i primi crampi arrivati qui, o sarà lunga tornare a Vicenza, se invece siete staffettisti godetevi il vostro lavoro ben fatto e passate il testimone a chi completerà il giro coi secondi 30km. La seconda metà è molto, molto, molto veloce. Dall’Eremo ci si avventura con fluide discese verso la Valle del Calto con i suoi mulini storici, e verso l’incrocio di Pederiva per affrontare l’unico grosso dislivello di questa frazione: Pederiva – San Gottardo, La Maledetta. Più o meno 4,5 km con quasi 400 di dislivello complessivo. Si sale costanti e pendenti all’inizio con un breve momento di rifiato a metà, per poi risalire ancora e ancora fino al ristoro del 45° a San Gottardo – Villa Bonin. Momento per ricomporsi, lasciare le madonne volare via e poi -come vedete dall’altimetria- godersi il lungo percorso a scendere che vi condurrà attraverso Perarolo, Arcugnano, le sabbie mobili del Canile di Vicenza e gli ultimi strappi per raggiungere il Centro città: Val dei Vicari (con annesso ristoro al 56°) e la graduale salita a Monte Berico, da cui si scende per le iconiche scalette per inoltrarsi in centro storico. Piazza dei Signori è lì, a un tiro di sasso, vi attende per accogliervi tra le Colonne di San Marco e del Redentore e a ripararvi a fianco della Basilica Palladiana: stampatevela bene in testa perchè è un arrivo di rara bellezza su TUTTO il panorama trail Italiano. Ultrabericus Trail è vostro.

Oooh, Aaah. That’s how it always starts, then later there’s just running and screaming. Jurassic Park
Iconico passaggio all’Eremo di San Donato.

Edizione Speciale 100km / 100 km 4400d+/-

Per commemorare i dieci anni di Ultrabericus, nel 2020 venne proposta quest’edizione speciale, che si terrà ufficialmente quest’anno. In generale, per cumulare 100km e 4000 metri di dislivello sui Berici, l’organizzazione è dovuta andare proprio a cercare angoli reconditi del comprensorio collinare, uscendo dal percorso dell’ Integrale con varie aggiunte in sezioni importanti della gara:

– km 13-25 / niente risalita della Forestale del Lago di Fimon (pheww!), dopo il ristoro di Torri di Arcugnano il percorso vira sulla dorsale Est dei colli, in direzione Costozza e Lumignano. Qui aspettatevi alcuni tra i sentieri più belli di tutti i Berici, con scorci sulle grotte del Brojon, sul sentiero Trioci fino alla risalita in Croce di Lumignano. Un’angolo dei Colli davvero immersivo, peccato sia molto breve: dopo la risalita dal ristoro di Lumignano verso Torretta il percorso rientra sull’Integrale.

– km 43-67 / dopo l’Eremo di San Donato inizia quello che è forse l’angolo più sperduto dei Berici: la Curva Sud che va ad abbracciare Toara, Villa del Ferro e Grancona. Tra vigne, campi, qualche argine e qualche muretto da risalire per tornare in dorsale, forse è dove la testa farà il suo maggior lavoro, specie dopo il giro di boa di Villa del Ferro (e la risalita bella tesa annessa). Calma e concentrazione, c’è da resistere fino al 67-68° per tornare sull’Integrale e, purtroppo, beccarsi la Maledetta risalita da Pederiva a San Gottardo.

– km 77-90 / Ultimo petalo distaccato dalla traccia Integrale, quella parte del percorso pensato per fare incazzare [Coach G. cit] qui ci si sposta sul percorso Circolare di Brendola-Altavilla. Bosco, bosco, ancora bosco ma ora per sentieri meno tecnici. Ha due risalite cattive prima e dopo il ristoro di Brendola, e uno snervante attraversamento di campi nella sezione di Valmarana (86-88°) quindi ricordatevi di tutte le ripetute in piano che avete fatto, quando ci arrivate. Verranno buone. Dal 90°, col passaggio ad Arcugnano, si può finalmente iniziare a respirare aria di Vicenza: gambe in spalla e pronti ad affrontare le ultime due rampe, poi il periplo dei Colli Berici -quello completo- sarà vostro.

Ndr: i km dei ristori qui segnalati sono ricavati dalla geo-localizzazione tra traccia e mappa. Potrebbero non coincidere alla perfezione con quelli segnalati dall’organizzazione (margine di errore di un km). Usateli come riferimento, ma non sbroccate se non sono precisi al 200% 😉

UBT Urban 22km

La gara veloce e cattiva di casa, ma anche ottima per offrire una prima esperienza di Trail ai neofiti. Ultrabericus Urban nasce dai primi e dagli ultimi km della classica Integrale, connettendo Vicenza ad Arcugnano tramite sentieri e strade ad Est della Dorsale Berica e riportando i concorrenti in Piazza dei Signori via i percorsi ad Ovest della Dorsale. Panorami forse meno ricercati, ma per chi sa guardarsi attorno c’è molto da vedere, specie per il patrimonio storico di Palladio e soci. Consigliata a tutti quelli che cercano una gara da batticuore, e per chi vuole guadagnarsi facilmente lo splendido arrivo nel centro storico di Vicenza.

Ultrabericus Urban fa rima con ‘pedal to the metal’.
Punto fermo di ogni edizione UBT: la prima salita di giornata scollinando i Portici di Monte Berico.

Materiale Obbligatorio

Ad accompagnare le gare Ultrabericus Team c’è sempre un leitmotiv attento dedicato al materiale obbligatorio, che nel caso di UBT è davvero essenziale: si tratta veramente di 6-7 cose così leggere da essere riposte in un marsupio: e nonostante questo tutti gli anni c’è chi riesce a ‘lasciare qualcosa a casa’. Non fatelo: portate tutto nel vostro zaino/marsupio e godetevi la giornata. L’unica difficoltà può esserci per chi correrà la 100km, per il trasporto della nutrizione, ma ricordiamo che l’assistenza personal è consentita in TUTTI i ristori.

Dal sito dell’organizzazione:

Materiale obbligatorio per CentoIntegrale e secondo staffettista Twin lui & lei:

1 – borraccia o altro contenitore con 0,5 litri d’acqua,

2 – telo termico di sopravvivenza,

3 – fischietto,

4 – giacca antivento,

5 – bicchiere personale (la borraccia se a tappo largo è valida come bicchiere),

6 – lampada frontale funzionante, con batterie cariche,

7 – mascherina protettiva bocca e naso.

Materiale obbligatorio per primo staffettista Twin lui & lei:

1 – borraccia o altro contenitore con 0,5 litri d’acqua,

2 – telo termico di sopravvivenza,

3 – fischietto,

4 – giacca antivento,

5 – bicchiere personale (la borraccia se a tappo largo è valida come bicchiere),

6 – mascherina protettiva bocca e naso,

per il primo staffettista Twin lui & lei NON è obbligatoria la lampada frontale.

Materiale obbligatorio per Urban:

1 – telo termico di sopravvivenza,

2 – fischietto,

3 – giacca antivento,

4 – bicchiere personale,

5 – mascherina protettiva bocca e naso,

per la prova Urban NON sono necessari la borraccia 0,5 l e la lampada frontale.

Orari di partenza:

  • UBT edizione 100km: start ore 5:00 AM
  • UBT integrale 65km: start ore 10:00 AM
  • UBT prima staffetta: start ore 10:00 AM
  • UBT Urban 22km: start ore 11:00 AM

Come da tradizione: orari dei cancelli e di cut-off non ve ne diamo, siamo CERTI che non ce ne sia bisogno.

Che il vostro viaggio su e giù per i Berici inizi e finisca col piede giusto.

Gradatim Ferociter

Coach T.

First Timers: Camilla Bolzoli – Tuscany Crossing 103k

Una parte importante del nostro lavoro di Coach, è quello di aiutare i nostri atleti a raggiungere un obbiettivo. A volte è un tempo, un piazzamento, un risultato, e la soddisfazione di vederli raggiunti (quando succede) è enorme. Ma la cosa più bella è quando lavoriamo per le “prime volte”: la prima volta oltre la maratona, la prima volta oltre la tripla cifra, la prima volta su cento miglia. Perché si fa insieme un percorso verso l’ignoto, e poi si lascia andare l’atleta da solo a scoprire qualcosa. E così abbiamo deciso di inaugurare la rubrica dei First Timers, dove i nostri atleti raccontano la loro prima volta.

Il mio viaggio nel mondo di Destination Unknown è iniziato in Aprile 2021, senza una destinazione precisa se non quella di aumentare le distanze.

Fino a quel momento, infatti, corricchiavo per conto mio, senza aver mai fatto veri allenamenti e la gara più lunga ed impegnativa portata a termine era stata la Dolomiti Brenta Trail nel 2019 (45 km e 2.800+).

Dentro di me, già da tempo, sentivo forte il desiderio di percorrere una lunga distanza: volevo avventurarmi in una zona a me sconosciuta ma che mi affascinava tantissimo. Ero ben consapevole, però, che da sola non avrei saputo come cominciare.

Mi ricordo quando, dopo due mesi di allenamenti, scrissi a Paco che nel 2022 avrei voluto preparare una 100 km. La sua risposta mi ha spiazzata: “Il prossimo anno? Ma è troppo lontano. Troviamo una gara adatta a te in autunno”. Ho riletto quel messaggio per giorni e, non conoscendolo di persona, mi sono chiesta se volesse eliminarmi in qualche modo o se stesse pensando di rispondere ad un’altra persona…

Zitta zitta (anche perché, in quel periodo, non si vedevano ancora gare all’orizzonte) ho continuato i miei allenamenti. In sei mesi ho saltato solo un’uscita: un po’ perché quando decido di raggiungere un obiettivo faccio di tutto per ottenerlo ma, soprattutto, perché questi workout – giorno dopo giorno – sono diventati parte integrante della mia vita quotidiana.

Un caldo pomeriggio di fine Luglio, sui social mi compare “Tuscany Crossing”, 24/25 Settembre, 103 Km 3.400+.

Subito scrivo a Paco: “Dici che posso farla? Sincero eh”. Risposta: “Vai Cami!!”. Nel giro di dieci minuti mi ero già iscritta (da “brava” persona impulsiva che ha passato il giorno dopo a chiedersi che enorme cazzata avesse fatto!).

Da quella decisione iniziano 2 mesi di allenamenti quotidiani ed intesi: una mole di lavoro che pensavo fosse fuori dalla mia portata ma che, sorprendentemente, sono riuscita a reggere senza mai sentirmi stanca o affaticata (solo affamata, quello tanto!!).

Lì è iniziata la mia prima 100 Km.

Soffrendo molto il caldo (a Brescia è anche particolarmente umido), ogni mattina mi alzavo tra le 4.45 e le 5 e uscivo. I lunghi mi aspettavano nel weekend (o, forse, ero io che li aspettavo con grande entusiasmo). Mi sono sempre allenata da sola, anche se sola non mi sono mai sentita. Non ho mai cambiato zona, sia su strada sia su sentiero: non trovavo il senso di fare km in auto per una gara che non richiedeva una specifica preparazione tecnica. Mi sono detta: vuoi fare 100 km in Toscana? Ok, inizia con lasciare giù l’auto e raggiungi i posti a piedi. Così ho allenato anche la mente.

Su questi percorsi (sempre in salita, perlopiù corribile) ho imparato a conoscere il mio corpo e la mia testa.

Sulle strade deserte eravamo io, le solite 3 canzoni sparate a tutto volume senza auricolari, la luna e il canto dei grilli (sì, a quell’ora c’erano ancora i grilli e non le cicale! Il gallo stava ancora dormendo).

Sapevo esattamente a che tornante avrei sofferto di più, a quale curva avrei potuto godere di una meravigliosa alba e di quel magico momento che la precede. Ho riempito il mio cuore di emozioni intense che mi hanno dato la carica per vivere le giornate: arrivare al lavoro con questa energia è impagabile.

Durante i lunghi ho dovuto rivedere la mia alimentazione: fino a quel momento non avevo mai usato gel, barrette, sali minerali e maltodestrine. Alla prima crisi, con Paco abbiamo dovuto trovare un piano B. Anche queste “prove” sono state fondamentali per poi sapermi gestire in gara.

Due settimane prima del fatidico giorno, ogni paura è magicamente passata: avevo solo una gran voglia di partire, ero molto carica sia fisicamente sia psicologicamente. Ero consapevole che, da quel momento in poi, il buon andamento della gara dipendeva solo ed esclusivamente da me (oltre che, ovviamente, da una buona dose di fortuna – perché sapevo che le variabili potevano essere tante e non era possibile pianificarle tutte).

Ci tengo a dire che con Paco c’è stata intesa fin dall’inizio ma, in questi due mesi, ho capito che il bravo coach non è (solo) quello che ti fa arrivare al traguardo ma, soprattutto, quella persona che – nei giorni antecedenti alla gara – ti fa sentire motivato e soddisfatto di quello che hai vissuto fino a quel momento. Per me è stato una grande percorso di crescita personale. Paco c’è sempre stato, senza che glielo chiedessi. Sinceramente, non conoscendoci di persona, ancora mi chiedo come facesse a capire quando era il momento esatto in cui avevo bisogno di lui.

Del Tuscany, che dire?

Siamo partiti alle 5.30 (orario per me perfetto), in uno scenario che sembrava un dipinto. Un’alba indescrivibile. Molti si fermavano a fare le foto ma io ho preferito godermi quello spettacolo solo con gli occhi e con il cuore: non è possibile racchiudere tanta bellezza in uno scatto. Vale la pena viverlo, soprattutto dopo 1 anno e mezzo di Covid che ci ha privato di meraviglia e di speranza.

In gara non ho mai pensato di non potercela fare, nemmeno nei momenti di difficoltà: il caldo l’ha fatta da padrone per più di metà giornata ma, una costante idratazione e “docce” improvvisate mi hanno permesso di non sentirmi male. Purtroppo non mi sono goduta gli ultimi 25 km per un forte dolore al ginocchio ma ho riflettuto sul fatto che, in fondo, mancavano “solo” 25 km (a proposito, quanto è lungo anche un solo km quando non stai bene?!?!?!) e che ero fortunata ad essere stata in forma fino a quel momento.

Sinceramente non ho vissuto questa gara come un viaggio: in mezzo a tante persone non era possibile… Il vero viaggio, per me, è racchiuso nei mesi di preparazione.

Ah, dimenticavo un particolare: fino a qualche giorno prima del Tuscany Crossing, avevo detto di questa sfida a pochissime persone. Era un mio sogno e volevo viverlo nel profondo.

E così, quando ho oltrepassato il traguardo, ho trovato ad accogliermi la mia felicità, mista a soddisfazione e incredulità.

Le lacrime? Quelle sono arrivate qualche giorno dopo: lacrime di liberazione di emozioni forti.

La soddisfazione più grande? Aver ripreso gli allenamenti, era tutto ciò che desideravo.

Coach Gentilucci, Tuscany Crossing 50k, 2nd place.
Dovunque tu sia, “continua a correre, testa di c***o”. I tuoi atleti continuano a farlo.

CUFFIETTE E VIABENE – terza puntata

Un grande ritorno, la nostra rubrica di musica.

Con la solita poliedricità che ci contraddistingue (no, non è schizofrenia), viriamo su suoni elettronici questa volta, perché abbiamo sottomano l’atleta DU e DJ Stefano “The Ruffman” Raffaini.

Coach Grazielli si è commosso a ritrovare alcune sonorità di quando era giovane e frequentava locali, ma c’è tanta roba per tutti: ideale per una bella Easy serale alla luce della frontale, o per pulirsi il cervello dai jingle natalizi che in queste settimane inquinano i nostri padiglioni auricolari.

Buon ascolto!

STEFANO “THE RUFFMAN” RAFFAINI – HOUSE

Quello che ricordo maggiormente dell’estate del 1988 è il caldo, le partite di calcio interminabili al campetto e il mio incontro con la musica House. “Your Love” di Frankie Knuckles fu un pezzo devastante per me, avevo 14 anni e non avevo mai sentito suoni del genere. Fino a pochi mesi prima mi ero rassagnato all’idea che musica voleva dire ascoltare roba tipo Baglioni, Cocciante etc, insomma, tutto quello che in me non suscitava il minimo interesse o la minima emozione. All’epoca si poteva ascoltare quello che passavano le radio e generalmente i palinsesti erano orientati al pop italiano o inglese con variazioni rocchettare culturalmente accettate dal bel paese.

The Godfather

Il gancio per poter uscire dalle solite scalette mi fu inaspettatamente dato dal mio vicino di casa. Di un anno più grande di me, frequentava il primo anno delle superiori, mi aveva passato una cassetta mixata di un dj di una nota discoteca della zona. Ricordo come fosse ieri la mia reazione, fu come se qualcosa in me si svegliasse dal torpore ed iniziasse a dar vita a sensazioni mai provate, ad oggi penso si trattasse di botte di adrenalina misto tempeste ormonali.

Il primo anno di liceo mi aveva proiettato in una nuova dimensione, tutto ero nuovo per me ed il fatto che si trovasse in città mi aveva permesso di esplorare un enorme mondo musicale. Elenco telefonico alla mano feci passare letteralmente tutti i negozi di dischi fino a trovare la mecca. Era un piccolo scantinato in centro città. Dovevi scendere delle scale pitturate di nero che ti portavano in questa stanza ricolma di dischi posizionati in ceste di plastica, quelle che usavano i lattai per intenderci. Due enormi diffusori ai lati del bancone con due giradischi ed un mixer. “Good Life” di Inner City faceva tremare i muri fino a farti venire la pelle d’oca. Cosa chiedere di più. Odore di muffa e le mani impolverate dopo aver fatto passare migliaia di dischi. Diggin’ in the crates divenne il rito del venerdì pomeriggio per molti anni a venire.

The Ruffman himself

I venditori di dischi sono spesso persone strane, il più singolare era il titolare di “Camarillo dischi”. Per entrare dovevi suonare e farti aprire. Dopo essere stato rapinato e messo ko con una bomboletta spray sparata negli occhi il “Cama” era diventato stranamente sospettoso pure con chi come me passava più tempo nel suo buco di locale che con la mia ragazza (capita la solfa mi ha lasciato, per anni non ne avevo capito il motivo… LOL). Camarillo per me sta a Detroit come i pistoni ad Isaiah Thomas. Ed ecco Underground Resistance e Ritchie Hawtin, Derrick May, Carl Craig e l’alieno Jeff Mills con cui anni dopo ebbi l’onore di suonare. Chicago e New York non restano a guardare, la black music è parte del mio dna e rimanendo in ambito street habits l’ Acid House ha fatto il suo anche se parte del merito lo si deve a mister Tadao Kikumoto, ingegnere in Roland Corporation ed inventore di sintetizzatori ormai entrati nell’olimpo della musica elettronica. Suoi i progetti di tb303, tr808 e tr909, in pratica Dio, punto.

Parlo di musica elettronica, ma potrei citare tutti quei generi o arti in generale che hanno avuto e hanno tutt’ora il potere di trasformare la vita di qualsiasi persona, parlo della possibilità di avere chances per realizzarsi anche venendo dal basso, parlo di puro istinto e talento, se ne hai vai, sono innamorato di tutte queste storie pazzesche scritte da persone che con poco hanno fatto la differenza andando contro ogni pronostico o aspettativa.

Richie Hawtin (totally approved by Coach Grazielli)

Sono innamorato della corsa perchè come la musica mi proietta in un limbo, in una dimensione parallela, lo scandire dei passi e del respiro è probabilmente come la stesura di battute al minuto, la ripetibilità del gesto come il loop del sequencer, Mirk chiama Mork, succede che me ne vado a male come la ricotta, succede non spesso ma succede che mentre corro inizio a vedermi dal di fuori, la fatica non è più fatica, le gambe vanno e non le sento più, la testa leggera, ma forse è solo un banale calo di zuccheri (LOL). Con Paco si doveva parlare di musica, …”appena ci ribecchiamo”, lo prendevo in giro per i pezzi hardcore che pubblicava su IG, alcuni però li ho nella mia playlist.

Bene cari, nel disordine mentale sono riuscito ad arrabattare una delle mie infinite playlist che ho in testa. La chiusura non c’è, spero solo di avervi fatto viaggiare un po’ nel mio mondo.

Ci vediamo al traguardo !!!