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Ti porto io in un posto figo – parte 1, Repubblica Indipendente di Colferraio

Ti porto io in un posto figo – parte 1, Repubblica Indipendente di Colferraio

Ti porto io in un posto figo – parte 1, Repubblica Indipendente di Colferraio

Colferraio, Oregon, ah no, Marche, Italia.
Posto sperduto nelle Marche, in provincia di Macerata dove l’autostrada più vicina è a 70 km, così come la prima città grande (Ancona), che è sulla costa ed è quindi terra lontanissima e ha una cultura e modi di fare completamente diversi dalla gente dell’entroterra.
Colferraio, il cui nome non si sa il motivo reale, perché il fondo delle colline è perlopiù sabbioso e quindi ogni riferimento al ferro nel nome sembra fuorviante, conta 14 abitanti censiti; io però più di 10 non li ho mai visti.

Casa mia è la più in alto a sinistra, ma devi zoomare per vederla. Quello innevato è il San Vicino, ovviamente

Tra i vigneti di Verdicchio ed i piccoli campi di grano in salita dove i contadini rischiano di ribaltare il trattore e le anziane vecchiette scelgono la cicoria tra le erbacce cattive stando piegate sotto il sole interi pomeriggi nonostante la sciatica, ci sono chilometri e chilometri di sentieri che nessuno percorre quasi mai di corsa. Questi sentieri sono spesso privi di tabelle, senza fronzoli e molto spartani. Vengono usati dai bracconieri e cacciatori, che qui come altrove rispettano a fatica legge e buonsenso. Sui percorsi puoi trovare dei cartelli con su scritto “Sentiero Francescano Assisi/Loreto”, o “Riserva del San Vicino”, ma sono cartelli presi con qualche fondo europeo e senza la minima utilità per chi li percorre. Molto spesso sono piazzati sul limitare del bosco dove non ci sono neppure sentieri. Quanto ai segnalini colorati CAI rossi e bianchi, se ne incontrano molti più che in passato (fino a qualche anno non esistevano proprio), ma anche questi non segnano la direzione, le percorrenze o i dislivelli. Diciamo che, se stai facendo un lungo e sei su un sentiero da 3 ore senza aver incontrato nessuno, nel bosco fitto, vedere un albero con su il colore bianco e rosso ti fa pensare che almeno quella strada da qualche parte uscirà e non è solo un percorso dei tagliaboschi. Insomma, il rischio di perdersi è elevato, ma se sei consapevole di essere nell’Oregon, lo metti in conto.

Per il resto, capita di trovare castelli del 1200 lasciati cadere in rovina e boschi di faggi, castagni e roveri che se ne fottono dell’uomo e crescono un po’ dappertutto.

Una collina dove di solito vado a prendere il sole

Colferraio, che a tutti gli effetti potrebbe essere un posto di rednecks in America, dove la gente va in giro con la mannaia a spaccare i rami delle cerque da buttare nel fuoco per scaldarsi con la stufa e si tengono da parte gli scarti del legno da far ardere per il falò dell’8 dicembre (si ritiene che la madonna, in volo verso Loreto, si serva dei falò dei contadini per non sbagliare strada e arrivare al santuario, no, non sto scherzando, dicono sul serio così) sorge alle pendici del San Vicino. O, per meglio dire, il sacro Monte San Vicino. Non tanto per il santo Vicino che io non ho mai saputo chi fosse e cosa avesse fatto di tanto speciale per beccarsi il nome del monte più figo della zona, quanto per il fatto che  fin da ragazzino ci andavo a sputare sangue correndo fino in cima alla croce di ferro per scordarmi gli scazzi quotidiani.

Colferraio è delimitata dallo skyline dei preappennini fabrianesi, dai Monti Sibillini in lontananza (per la gente del posto vere e proprie montagne, arrivano a 2500 metri) e le colline nel resto del perimetro. Dalle finestre delle case vedi un mare di colline. Il cielo, per uno abituato a vivere in Trentino, è enorme e spazioso.

Per natura credo, i Gentilucci sono una stirpe di persone che non si affeziona molto alle cose. In generale credo che la gente qui non sia eccessivamente materialista e campanilista per il semplice fatto che non ho mai visto un turista nella mia vita farsi un giro da queste parti, e anche perché ogni tanto arriva un terremoto a radere al suolo i paesi (e qui non siamo in una regione a statuto autonomo che una vecchietta cade in una buca e il giorno dopo rifanno la strada), quindi non è che puoi più di tanto affezionartici, se sai che domani magari casa tua e quello che c’è dentro non c’è più.

Questo per dire, portati l’acqua e scordati l’idea di troverai fontanelle in giro mentre corri. Dimentica i negozi di running specializzati, i percorsi tracciati su Strava e abbraccia l’idea che potresti trovare un cancello di filo spinato che chiude il percorso che è stato piazzato da qualche pastore. Dall’altra, dimentica le code dei tedeschi con gli zaini da trekking e i negozi di souvenir in cima alle montagne. Ci sono ancora i boy scout che cantano le canzoni di chiesa, ma sto personalmente provando a limitare questo problema, oltre a segnare con dei cartelli e ripulire dei percorsi dalla vegetazione troppo fitta dai rovi di more.

Ci sono dei percorsi spettacolari che meritano sul serio il ticket del casello autostradale: la Natura è ancora la forza che ha la meglio sull’uomo e lo scarso turismo e interesse delle persone per la montagna ha fatto si che alcuni luoghi si siano preservati come veri e propri parchi naturali. Il sentiero che porta da Colferraio al San Vicino ha diverse variabili e una lunghezza tra i 6 e i 10 km, con un dislivello di circa 1000 metri.
In alternativa, capendo qualche punto fisso di orientamento si trovano percorsi di 30/40 km praticamente senza asfalto, su collinare e sentieri tecnici.
Volete qualche idea?
Passate a bere un caffè da me che ne parliamo!

sdr
Local knowledge

 

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