DU COACHING

David Laney, il baffo che uccide.

David Laney, il baffo che uccide.

David Laney, il baffo che uccide.

Ho incontrato David a Barcellona: è sempre stato un atleta che mi ha incuriosito per l’approccio molto low-key e per l’aria tranquilla. Dai tempi in cui faceva il commesso per Hal Koerner all’anno in cui ha infilato M10 alla Western States e terzo posto all’UTMB (e dodicesimo ai Mondiali!), ha dimostrato di eccellere in tutte le situazioni. E’ un runner completo, e lo dimostra il fatto che si è anche preso la qualificazione ai Trials Olimpici in maratona, ed era un dirtbagger prima ancora che diventasse figo esserlo (guardate il suo account Instagram @davidlaney12 ). Ha poco dell’hipster e molto del ragazzo della porta accanto. Ed è dedicated, come si dice oltreoceano.

Assieme all’amico Ryan Ghelfi ha fondato Trails&Tarmac ed ha iniziato ad allenare atleti di tutti i livelli, riscuotendo subito un ottimo successo. Cosa che non mi meraviglia dopo averlo conosciuto: è una persona di un umiltà e simpatia uniche, ed è un vero amante del nostro sport in tutte le sfaccettature. Qui trovate qualche passaggio della chiaccherata che ci siamo fatti.

Penso che sia un momento fantastico per allenare nel mondo dell’ultrarunning, è tutto molto nuovo, c’è un bel mix di idee, teorie e situazioni diverse, e noto che c’è anche molta comunicazione tra coach. Qual’è il tuo background, da dove arrivi dal punto di vista del coaching?

Fondamentalmente sono stato un appassionato studente dello sport da quando ero un ragazzino, ho iniziato prestissimo. Quando ho letto Jack Daniels’Running Formula…

(Risate) E’ il libro con cui abbiamo tutti cominciato!

(Risate) E’ vero, ed è anche quello a cui tutti torniamo. Ci sono le fondamenta del running. Quello che è interessante è che abbiamo corso per anni trail per il piacere di stare fuori, senza fare troppo caso al lato scientifico della corsa. Jack Daniels’ Running Formula è come una bibbia della fisiologia umana applicata alla corsa, c’è una marea di roba lì, e adesso la gente sta capendo come trasferirla anche al trail running. Per questo è emozionante allenare ora: c’è un sacco di nozioni da trasformare ed applicare e vedi la gente che sperimenta, migliora e si guarda indietro e pensa “Ma come diavolo ho fatto in un anno a migliorare così?”

Sentivo un intervista con Mike Smith di NAU, ed anche lui diceva che quando ha un dubbio, la prima cosa che fa è aprire Jack Daniels’ Running Formula…

(Risate) Abbiamo appena svelato a tutti il nostro segreto! Sono le fondamenta, che tu sia un miler od un ultramaratoneta.

Il tuo background di runner collegiate di pista e cross-country ha una grossa influenza sul coach che sei ora?

Sicuramente, impossibile negarlo, un grande impatto.

Qual’è la cosa più importante che ti ha lasciato e che hai portato nel tuo modo di allenare?

La maggior parte degli atleti che alleniamo in Trails & Tarmac sono nei primi due o tre anni di corsa, e quindi applicando i fondamentali dell’allenamento di cui parlavamo qui sopra, mostrano subito risultati incredibili. La classica periodizzazione, la polarizzazione degli allenamenti, come sviluppare le differenti velocità… tutte cose che mi sono state inculcate al college.

E nel rapporto personale con gli atleti? Qual’è la caratteristica essenziale?

Beh, sicuramente la flessibilità. Il 95% dei miei atleti non sono professionisti. Sono principianti o competitivi a livello personale o amatoriale, hanno un lavoro ed una famiglia che hanno sempre la priorità. Essere flessibili significa adattare schemi e tabelle a seconda degli eventi, essere capaci di ottenere il meglio dalle risorse limitate che si hanno.

Fai strenght training? Lo inserisci per gli atleti che segui?

Dipende molto dagli atleti e dalle priorità che abbiamo: se il tempo a disposizione è limitato, tendo sempre a favorire il chilometraggio e la possibilità di fare base aerobica. Qualcosina per prevenire gli infortuni, ma la priorità è sempre la base aerobica, per me.

Parlando un po’ di te, cosa hai fatto quest’anno di diverso per la Western States che non avevi fatto prima?

Tutto (risate).

No, dai!

Onestamente si, tutto. Gli altri anni avevo fatto fondamentalmente sei mesi senza un giorno off prima di arrivare a Squaw Valley. Ora mi prendo almeno un giorno off ogni tre settimane, se capita che sono stanco, anche più spesso. Sto facendo molte più uscite lunghe: gli altri anni arrivavo con 6-8 lunghi, quest’anno conto di avere 10-12 uscite da 50 km con 2.000 metri di dislivello.

Le fai a ritmo gara?

Mmmmh si, direi ritmo gara o molto vicino, bassa intensità.

Farai heat training?

Si, sicuro.

Sauna o semplicemente adattamento a correre al caldo?

Sto provando a fare una o due volte la settimana delle uscite a bassissima intensità in una heat chamber, conto di aumentare progressivamente la durata e staccare durante il tapering

Beh, qui in Destination Unknown sappiamo per chi tifare l’ultima settimana di giugno…

(risate) Grazie mille, metterò la maglietta alla premiazione!

Deal! Grazie David.

Grazie a voi.

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