DU COACHING

UTMB 2022: uno sguardo ai materiali.

UTMB 2022: uno sguardo ai materiali.

UTMB 2022: uno sguardo ai materiali.

Ritorna a scrivere su queste pagine Andrea Vagliengo, il nostro “geek” dei materiali: una breve analisi di cosa si è visto di nuovo a Chamonix, e quali sono i trend generali, con uno sguardo anche a quello che vedremo il prossimo anno sul mercato.

La “Semana Grande” del trail running mondiale si è chiusa, eppure tutti quanti siamo già qui a pensare a come tornare a Chamonix l’anno prossimo. Con quale veste? Ci metteremo (finalmente) un pettorale, oppure saremo sui sentieri a dare manforte ad atleti e amici lungo il percorso? Comunque la si voglia mettere, una certezza si è radicata saldamente in tutti noi appassionati di corsa e di montagna: nell’ultima settimana di agosto, “Chamonix is the place to be!”, il luogo in cui tutto succede e in cui il tempo corre più veloce delle lancette dell’orologio. Basta leggere i resoconti dei nostri Coach o andare a guardarsi il debrief su YouTube per percepire il lavoro di un anno intero condensato in pochi giorni ad intensità fotonica.

La kermesse di Chamonix è una delle poche occasioni in cui si può vedere tutto il mondo del trail running che conta radunato contemporaneamente in un unico luogo: ci sono gli atleti più forti del mondo, le promesse, gli underdog che stupiranno tutti con una prestazione monstre tirata fuori dal cilindro. Ci sono le migliaia di atleti e appassionati che hanno combattuto per anni con punti e lotterie, e finalmente ce l’hanno fatta ad essere alla partenza. E poi ci sono i brand, le aziende, che approfittano a mani basse di questo palcoscenico internazionale per dare bella mostra di sé e far sentire la loro voce. Sono passate alcune ere geologiche da allora, ma UTMB è stato il trampolino di lancio di prodotti come i primi zaini “vest” o delle prime Sense di Salomon, entrambi comparsi addosso a Kilian sottoforma di prototipi e divenute, di lì a poco, l’oggetto del desiderio degli appassionati di tutto il mondo. Come si è evoluta, oggi, quella scena? Cosa resta di quell’immenso showcase a distanza di qualche settimana dai grandi festeggiamenti di Place de l’Amitié? Vediamolo insieme, provando a fare un’analisi dei materiali che hanno caratterizzato questa edizione dell’UTMB.

Andreas Reiterer in salita verso il Col Ferret

Non solo top di gamma
Partiamo facendo una premessa, che parte dal fronte delle scarpe ma si applica anche ad altri materiali: è una tendenza che ormai è in corso da diverso tempo, ma quest’anno più che mai è apparso evidente come persino nelle primissime posizioni e sui podi delle gare più prestigiose si trovino modelli che non hanno nulla a che vedere coi top di gamma di ispirazione puramente “race”. Troviamo daily trainers come le Trabuco o le Fuji Lite di Asics, modelli da allenamento come le Ultra Glide di Salomon o le Terrex Speed Flow di Adidas: calzature acquistabili facilmente anche negli store della grande distribuzione, scarpe che indossiamo tutti i giorni per allenarci e che tecnicamente magari non hanno nulla di eccezionale ma che funzionano bene e condividono un unico grande comun denominatore: il comfort. Sempre meno ossessione verso la leggerezza assoluta, verso il peso piuma, e più attenzione verso la comodità, vero ingrediente chiave nel campo delle ultradistanze. Questo elemento salta all’occhio, innanzitutto, dando uno sguardo in particolare alle zone alte delle classifiche. Tanta più varietà rispetto a qualche anno fa, più modelli e tutti di tipo molto diverso: c’è il prototipo evolutivo ultra-racing accanto a scarpe di fascia media, ed è una novità che ci piace e nella quale ci riconosciamo.

La grande novità
Quest’anno non si può parlare di UTMB senza citare l’ennesima impresa di Kilian Jornet. Gli anni passano, la vita cambia ma i risultati no, anzi migliorano addirittura: dopo la scoppola presa a Sierre Zinal, i maligni già vedevano il Re in declino nonostante una Hard Rock ai limiti del sublime. E invece Kiki ha pensato bene di gestire il suo UTMB come solo lui sa fare, rimanendo sempre nel gruppo di testa e piazzando la zampata finale appena uscito da Vallorcine. Non è bastato un enorme Blanchard, arrivato in pieno recupero a pochi minuti di distanza dal catalano, a sconfiggerlo: record del percorso e prima volta sotto le 20h, con buona pace di Pau Capell e del suo tentativo di sub-20h, purtroppo fallito.
Stavolta, però, Kilian non indossava abbigliamento Salomon: NNormal, il brand fondato quest’anno in collaborazione con Camper, saliva per la prima volta alla ribalta di Chamonix esibendo gli esemplari di materiale tecnico che verrà presentato a brevissimo al grande pubblico e che era già stato utilizzato da Kilian nelle precedenti gare di quest’anno. Tutta l’attenzione è stata, naturalmente, per la nuovissima scarpa Kjerag, presentata ufficialmente proprio alla kermesse francese: 200 grammi di peso con suola Vibram Litebase e un’intersuola con un’altezza massima di 18 mm e 6 mm di differenziale. Una scarpa ottenuta con un processo di produzione ecosostenibile con l’idea di durare più a lungo possibile (una caratteristica ben nota agli amanti di Camper, l’azienda spagnola scelta da Kilian come partner tecnico per la realizzazione della collezione di calzature NNormal). A giudicare dalle prime impressioni e dal look generale della scarpa, potremmo trovarci di fronte ad un modello di grande successo per il prossimo anno: staremo a vedere, inutile dire che siamo curiosissimi di metterci le mani sopra e provarla sui sentieri.

Marianne Hogan, una delle sorprese di quest’anno

Strapotere massimalista
Avete presente quando guardiamo il top field di una maratona di altissimo livello e gli atleti indossano più o meno tutti le stesse scarpe? Con tre, quattro modelli (e due brand!) copriamo la quasi totalità degli atleti. Se questo non sembra essere il caso per i top runners in partenza a Chamonix, basta dare un’occhiata ai piedi dei midpackers e della stragrande maggioranza degli atleti amatori per vedere come i modelli massimalisti siano diventati un riferimento assoluto nelle gare sulle lunghissime distanze. Parliamo ovviamente di Hoka, che negli ultimi anni ha saputo combinare con sapienza una promozione intelligente a livello di atleti e marketing con una serie di prodotti di qualità sempre crescente. Oggi immaginare una scarpa da trail running che sia al contempo iper-ammortizzata e anche leggera non solo è possibile, ma sembra essere addirittura essere diventata la normalità. E questo lo dobbiamo innanzitutto a Hoka, che con la filosofia del “cushioned and light” ha influenzato positivamente tutto il mercato. Tra tutti, notiamo in particolare come le Speedgoat e le Mafate Speed siano i modelli più utilizzati, e a buon diritto: tanta ammortizzazione, calzate precise e suole Vibram ultraperformanti. Chiedere a Ludo Pommeret per avere una conferma, che taglia il traguardo di Chamonix con ai piedi le sue Speedgoat 5, vincendo la TDS a 47 anni e arrivando ancora abbastanza fresco da festeggiare come un diciottenne. Idolo assoluto.

(Almost) Natural running
Sono passati gli anni d’oro della corrente minimalista, che voleva i top runner con ai piedi scarpette drop-zero e praticamente prive di ammortizzazione, ma per fortuna non tutto è andato perduto della corrente “natural running” che ha caratterizzato i primi 2010s. Drop limitati, se non addirittura nulli, abbinati a geometrie di calzata ampie che fanno lavorare bene il piede e le sue dita, il tutto combinato con intersuole generose e confortevoli: Altra e Topo oggi sono ben presenti sul mercato con una serie di modelli molto interessanti che abbiamo visto ai piedi di parecchi runner in partenza da Chamonix. La “corsa naturale” ha forse smarrito un po’ la sua anima più purista, ma in compenso sembra aver trovato una sua nicchia di mercato.

Merillas e Martinez Perez, doppietta SCARPA all’OCC

E gli altri?
The North Face e Adidas si portano a casa una vagonata di premi. Se guardiamo le scarpe indossate dagli atleti di punta nelle posizioni di classifica che contano, appare evidente come l’investimento di questi due brand sul fronte degli elite si sia rivelato ancora una volta vincente: tanti prototipi, dalle geometrie generose e che richiamano in qualche modo i modelli stradali più veloci, spesso con carbon plate associato. A livello di adozione da parte degli amatori, siamo ancora lontani dai grandi numeri di Hoka e Salomon, ma chissà che non si stiano ponendo i presupposti per l’inizio di una nuova tendenza anche sul fronte degli amatori.
E Salomon? Dopo anni di strapotere assoluto sul fronte delle classifiche, oggi il colosso francese deve condividere il podio con altri brand, ma è sempre lì nelle posizioni che contano. Se sul fronte delle scarpe c’è in effetti più varietà rispetto a qualche anno fa, quando andiamo a vedere gli zaini non ce n’è per nessuno: i modelli vest sono diventati lo standard de facto, al punto che il successo di questo tipo di zaini è stato tale da far sì che anche tutti gli altri marchi del settore si mettessero a produrli. Sul fronte delle calzature, abbiamo visto meno enfasi sui modelli super cool della linea S/Lab e abbiamo invece notato con piacere che modelli come le Ultra Glide (dichiaratamente prodotte pensando al grande pubblico) abbiano conquistato posizioni di prestigio sui podi di TDS (3° uomo) e UTMB (2° donna).
Infine, menzione speciale a SCARPA che si porta a casa, con la sua Ribelle Run, le prime due posizioni della OCC: niente male, per la casa di Asolo! Sarà perché abbiamo l’occhio sensibile per quell’azzurro inconfondibile, ma non abbiamo potuto fare a meno di notare sempre più Spin Infinity ai piedi degli atleti. Il modello da lunghissima distanza di SCARPA ha convinto da subito e si sta affermando come riferimento sui percorsi alpini più impegnativi.

E gli accessori?
Due note conclusive rispetto a due accessori che ci ha fatto piacere individuare in numero crescente sui sentieri dell’UTMB.Il primo sono i bastoncini, che almeno sulle distanze più lunghe, sono oramai utilizzati dal 99,9% degli atleti. Tra i marchi più visti Leki e Black Diamond: i primi li conosciamo e apprezziamo da anni, soprattutto per il sistema di impugnatura “nordic” con guantino integrato che è, a mani basse, il più comodo che ci sia sul mercato. Non stupisce vedere gli inconfondibili bastoncini a sonda della casa austriaca in mano e nelle faretre dei migliori runner del mondo: persino Jim si è messo ad usarli! I secondi sono sempre quelli che vedi più spesso in mano a giapponesi ed americani, e restano una garanzia assoluta di qualità e praticità.
Nel campo smartwatch, è invece impressionante la marcia di Coros che solo da qualche anno si è affacciata sul mondo del trail, prima con l’Apex e l’Apex Pro e poi con il Vertix 2: due sportwatch che hanno convinto da subito per la loro qualità costruttiva e per le funzionalità offerte in termini di software e di integrazione con piattaforme di allenamento come TrainingPeaks. Noi di Destination Unknown li conosciamo bene, usandoli da tempo, e ci ha fatto piacere constatare come si siano diffusi nel mondo degli amatori ma anche dei top runners: quando Kilian ha schiacciato il pulsante di stop e il suo Apex Pro segnava 19:49:30, per noi è l’esaltazione è stata doppia, e Coros era al polso anche del secondo classificato Mathieu Blanchard! In arrivo a fine anno dovrebbe esserci un modello nuovo ispirato proprio da Kilian, siamo curiosi di vedere quali funzionalità integrerà il nuovo modello.

Blanchard ed il suo Coros Apex Pro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *